La selezione del contest “Salento in Love – I mari e le torri” sta per giungere alla conclusione. Il comitato di lettura sta valutando gli ultimi racconti giunti in redazione, intanto pubblichiamo Quando cambia il vento di Andrea Carrozza, che ricorda i conquistatori che dal mare – oltre Saraceni e Turchi – hanno minacciato la costa salentina.
Quando cambia il vento
di Andrea Carrozza
Il vento tiepido di maggio solcava le fresche acque dello Jonio, prima di infrangersi sulla ruvida muratura di una massiccia torre d’avvistamento situata non molto lontano da Gallipoli.
In cima alla suddetta torre garriva fieramente il regale vessillo degli Aragonesi mentre un solitario soldato, scrutando con occhi assonnati l’orizzonte, sbadigliava rumorosamente attendendo con trepidazione il cambio della guardia.
Quand’ecco un rumore di passi.
Fece la sua comparsa un giovanotto magrolino col viso ricoperto da lentiggini.
«Oh, Cosimo! Meno male che sei venuto! Non ce la facevo più!» disse lo stanco soldato, non accorgendosi che il giovane era arrivato con ben quaranta minuti di anticipo ad attaccare il turno di guardia.
«La vecchiaia è ’na brutta bestia, mio caro Oreste!» disse il ragazzo in tono scherzoso.
«Voglio vedere come ci arrivi te, all’età mia!» rispose il vecchio.
«Mi sa proprio che tu non ci arrivi a vedermi all’età tua!» concluse prontamente Cosimo.
Il buon vecchio Oreste strofinò scaramanticamente la mano sulle parti basse prima di fare il saluto militare ed abbandonare la sua postazione.
«Buonanotte, vecchio! Sogni d’oro!» disse Cosimo seguendo l’anziano soldato con lo sguardo.
Con andatura dinoccolata il vecchio Oreste scese i numerosi scalini della torre, salì in sella al suo cavallo e si diresse a gran velocità verso Gallipoli, dove lo aspettava un pasto caldo ed un soffice giaciglio.
Assicuratosi che il vecchio fosse ormai abbastanza lontano, Cosimo si affacciò in direzione est, dove il paesaggio era dominato da una fitta boscaglia.
«Cesira! Vieni fuori, Cesira!» urlò il ragazzo.
A tale richiamo un cespuglio cominciò a muovere le sue foglie.
Ne venne fuori una ragazza in carne e assai prosperosa, con il capo coperto da un velo bianco, cingendo qualcosa tra le braccia.
Dopo aver salito con grande fatica la scalinata, Cesira raggiunse finalmente la cima della torre.
Cosimo le si avvicinò, cominciando a baciarla scompostamente sul collo e sulla bocca, mentre lei cercava di riprendere fiato.
«Guarda che cosa ti ho portato, Cosimino mio» disse la ragazza, alternando parole a lunghi respiri.
Cesira stringeva tra le mani una damigiana colma di ottimo vino rosso.
Un sorriso ebete si stampò sul volto di Cosimo.
«Brava, Cesira mia! Mi sa che stasera ci divertiremo, allora!» disse il giovanotto prima di cominciare a baciare i giunonici seni della donna che sembravano traboccare dalla scollatura del vestito.
«Uhuhuh! Cosimino! Ma tu non dovresti fare la guardia? E se arriva qualche nemico?» chiese la ragazza ridacchiando per il solletico provocato dagli insistenti baci del suo amante.
A quella domanda Cosimo si fermò per qualche secondo a guardare il mare che luccicava, illuminato dall’imponente luna di una notte senza nuvole, e che danzava, cullato da un vento sconosciuto.
Poteva, una cosa tanto bella come il mare, essere il ricettacolo di misteriose insidie e mortali paure?
«Ma quali nemici, Cesira mia!» disse prontamente il giovane
«Stanotte l’unico nemico che vedrai… sarò io!» concluse prima di gettarsi nuovamente tra le braccia della sua amata.
Alle prime luci dell’alba il vento smise di soffiare.
Il regale vessillo degli Aragonesi giaceva immobile, come a peso morto, sulla sua asta.
Cosimo e Cesira, dormivano per terra, uno avvinghiato all’altra, sempre lì, in cima alla torre, più nudi che vestiti, con accanto una damigiana ormai vuota.
All’improvviso un rumore squarciò l’aria.
BOOM!
I due amanti finalmente si svegliarono.
Cosimo balzò in piedi.
Tentò goffamente di riallacciarsi le braghe prima di lanciare un’occhiata in direzione del rumoraccio appena sentito.
Gli occhi del ragazzo, ancora impastati di sonno, si spalancarono quando si accorse che il cielo era solcato da un’enorme colonna di fumo proveniente da Gallipoli.
«Ch’è successo, Cosimino mio?» chiese la ragazza che, come se niente fosse, era ancora coricata per terra.
«Un macello, Cesira mia! Un macello!» disse disperato il giovanotto mettendosi le mani nei capelli.
Veloce come un fulmine si precipitò giù per le scale, lasciando la sua amata in cima alla torre.
Dopo aver sellato in tutta fretta il suo cavallo, si diresse a rotta di collo verso la città.
Arrivato a poche centinaia di metri da Gallipoli, il ragazzo si arrestò.
Il potente esercito nemico era schierato ordinatamente alle porte della città, occupando l’unico collegamento che quest’ultima aveva con la terraferma: un ponte fatto di pietra.
Ai gallipolini fu intimato di arrendersi, dato che ormai non avevano più scampo, ma loro, cocciuti e testardi, risposero di no.
Sarebbero rimasti i fedeli sudditi di Ferdinando, il loro re, il Re di Napoli, anche a costo di morire.
Cosimo, con il viso rigato dalle lacrime, non poté fare altro che restare lì, in sella al suo cavallo affaticato dalla corsa forsennata, ad assistere all’assedio della sua amata città e a maledire sé stesso per non aver adempiuto al suo ruolo di guardia.
Mentre la cinta muraria e le case cominciavano a cadere sotto i colpi dei cannoni nemici, il vento riprese a soffiare, ma in direzione contraria.
A garrire, stavolta, furono i rossi vessilli con l’effige del leone alato: il simbolo della potente Venezia.
Era il 19 maggio del 1484.
L’autore – Andrea Carrozza
Andrea Carrozza nasce a Gallipoli il 29 aprile del 1990. Nel 2013 partecipa al concorso nazionale di poesia “Tempo d’ Aedi” classificandosi al secondo posto con il componimento dal titolo “Impreparato”. Nel 2014 consegue la laurea in Beni Culturali presso l’Università del Salento con una tesi su “I racconti e le favole di Italo Svevo”.
Lo stesso anno entra a far parte dell’ associazione Girasud Film, scrivendo la sceneggiatura del cortometraggio “Ad occhi aperti” (in concorso come “miglior cortometraggio” per il David di Donatello 2015) e di vari videoclip musicali (“Fumo nell’anima” dei Sud Sound System, “Resa-Pubblica” dei Camden, “ Move in time” dei Mistoura Loca, “Jingle Bells” dei #Fusi-On).
Nel novembre del 2015 crea il “collettivo” fumettistico Spazio Beluga insieme all’amico e disegnatore Salvatore Pellone. Nel dicembre dello stesso anno il suo racconto “La giostra” viene inserito in un’antologia dal titolo “I racconti di Cultora. Centro-Sud” (A.A.V.V., Historica Edizioni).
Approfondimenti: per conoscere il Salento
Era il maggio del 1484 quando la flotta veneziana occupò la città di Gallipoli, un fatto quasi ignorato persino dalle memorie storiche locali, lasciato ai margini dal pericoli più persistente proveniente dagli invasori islamici. Dal 17 al 19 maggio 1484, invece, i gallipolini – uomini, donne, giovani ed anziani – affrontarono con i pochi mezzi a disposizione la potente Armata di Venezia dimostrando coraggio e grande forza di resistenza contro l’invasore, dimostrando fedeltà al re aragonese.
Quando le truppe di Giacomo Marcello scalarono le mura ed il balestriere Giovanni da Cattaro mise per primo il piede sul Forte di San Luca piantandovi il vessillo di S.Marco, Gallipoli cedette solo dopo essere stata assalita per ben tre volte, ed il terzo assalto era durato ben otto ore.
Erano trascorsi appena quattro anni dalla presa di Otranto da parte dei Turchi di Geduk Amhed Pascià e l’avventura gallipolina da parte della Serenissima viene descritta dagli storici come risposta veneziana proprio alla presa della città di Otranto, a dimostrazione della capacità di difesa del Mediterraneo e della Cristianità contro lo strapotere dei Turchi. La guerra contro Ercole d’Este ,genero del nostro re Ferrante d’Aragona , viene presentata da Venezia come occasione di difesa della civiltà cristiana per evitare che Gallipoli soffrisse come Otranto.
Negli anni 1579-1584 , il Tintoretto glorificherà quella vittoria con il suo splendido quadro I Veneziani conquistano Gallipoli, che campeggia sul soffitto della sala del Maggior Consiglio di Palazzo Ducale. Il dipinto rappresenta il momento in cui i Veneziani iniziano l’assalto della città di Gallipoli che si concluderà vittoriosamente, al centro il portabandiera veneziano tiene alta la grande bandiera di San Marco, a sinistra sulla poppa della galera ammiraglia sta ritto il comandante supremo della flotta veneziana Jacopo Marcello in armatura ed elmo da battaglia , prima di essere colpito mortalmente da una bombarda sparata dall’alto delle mura gallipoline.
Ricostruire la storia della presa di Gallipoli non è possibile perché non esistono narrazioni gallipoline coeve degne di fede mentre quelle più consultate e conosciute sono quasi tutte ad opere degli stessi Veneziani.
* La grafica della cover è a cura di Dora Foti Sciavaliere