“Baby”: un’occasione mancata

In occasione dell’uscita del suo terzo e ultimo capitolo il 16 settembre, vi parlo della controversa serie tv “Baby”. Si tratta del primo teen drama italiano prodotto dalla piattaforma Netflix seguendo la scia della spagnola “Élite” e strizzando un po’ l’occhio al filone Moccia.

“Baby” dovrebbe essere ispirata alla storia delle Baby squillo dei Parioli, ma bastano poche scene della prima stagione per distruggere le illusioni degli spettatori e comprendere che non ci troviamo di fronte alla nuova “Gomorra” o “Suburra”. Un gran peccato, considerando la complessità della vicenda di riferimento e gli innumerevoli interessanti spunti che da questa si sarebbero potuti generare.

Le scelte degli autori hanno virato su un target adolescenziale, mentre la strategia di marketing, che ha venduto la serie come basata su fatti di cronaca vera, è servita ad accalappiare un pubblico più adulto che, seppur deluso, ha continuato a vedere per curiosità tutte le stagioni.

“Baby” si lascia infatti guardare agilmente, senza molte pretese e in pochissimo tempo. Forse è per questo che, nonostante gli evidenti difetti strutturali, ha un’ottima fanbase, la quale ha permesso che Netflix la portasse a conclusione senza decretarne la cancellazione (sorte toccata a innumerevoli altre serie, anche maggiormente meritevoli, ma questa è un’altra storia).

Uno dei problemi più significativi, soprattutto nella prima stagione, è l’incapacità del pubblico di immedesimarsi in una vicenda sminuita da dialoghi banali, recitazione della nuova leva di attori italiani in molti casi non brillantissima (salvo rare eccezioni) e ambientazioni poco realistiche.

La storia di Chiara (Benedetta Porcaroli) e Ludovica (Alice Pagani) è infatti ambientata al liceo Carlo Collodi, una scuola per ricchi, con dinamiche all’americana, insomma una di quelle mai viste in Italia.

Espediente carino, però, quello di intitolare l’Istituto al padre di Pinocchio, come richiamo al mondo di bugie che i protagonisti tessono intorno a sé.

Nel passaggio dalla prima alla seconda stagione alcuni personaggi iniziano ad acquisire un accenno di spessore e a subire un’evoluzione. Primi tra tutti Fabio (Brando Pacitto) e Brando (Mirko Trovato), i quali si riscoprono attratti l’uno dall’altro ed intraprendono un percorso di indagine sulla propria interiorità.

Nel terzo capitolo conclusivo “Baby” cresce ulteriormente insieme ai suoi protagonisti.

Si nota lo sforzo di conferire un minimo in più di consistenza ai dialoghi e di rendere la storia più vicina al fatto di cronaca di partenza.

Il cerchio si stringe intorno ad una Chiara e ad una Ludovica più mature e consapevoli. Tutta la trama scorre verso la scoperta del giro di prostituzione nel quartiere Parioli di Roma, in cui le due ragazze operano.

“Baby 3” riesce finalmente a farci guardare nell’animo delle protagoniste, nel loro mondo e a farci comprendere il perché di molte loro scelte.
Tutti i nodi vengono al pettine ed è giunto il momento per tutti di affrontare le conseguenze delle proprie azioni. Il tutto condotto e scandito dalle colonne sonore di Achille Lauro, di Levante e degli Afterhours. Ed è proprio il brano di questi ultimi, “Non è per sempre”, che, a mio avviso, descrive al meglio la filosofia di “Baby”:

«Ma non c’è niente
Che sia per sempre
Perciò se è da un po’
Che stai così male
Il tuo diploma in fallimento
È una laurea per reagire».

Liliana Passiatore