Bianca come il latte, rossa come il sangue: il romanzo di D’Avenia che ha ispirato il film

Bianca come il latte, rossa come il sangue è il romanzo d’esordio di Alessandro D’Avenia, pubblicato nel 2010 dalla Mondadori e uscito nelle sale cinematografiche il 4 aprile, diretto da Giacomo Campiotto.

Bianca come il latte, rossa come il sangue è stato tradotto e distribuito in venti paesi, diventando così un best seller internazionale, che la pellicola ha di certo riportato all’attenzione dei lettori. Ormai sembra prassi che i romanzi che spopolano finiscano sul grande schermo per replicare il successo dell’opera cartacea, oppure viceversa, ci si accosti per la prima a un romanzo dopo aver intravisto il trailer o la locandina pubblicitaria dell’uscita del film tratto da un libro.

Per quanto riguardo me e la lettura di Bianca come il latte, rossa come il sangue rientriamo nella seconda categoria! Non posso fare il paragone con la trasposizione cinematografica (non ho visto il film…), ma è un romanzo che consiglio. È una lettura che rimane nel cuore ed ha il gran pregio, a mio parere, contro chi l’ha tacciato di banalità e ingenuità, di lasciarsi leggere da lettori eterogenei. Arriva diretto alla mente e al cuore dei ragazzi, ma nonostante lo stile forse “banale” – come l’ha definito qualcuno – è capace di trascinare anche gli adulti a vivere le tempeste, le incertezze e i sogni dei propri sedici anni.

Trama
Leo è un sedicenne come altri: ama le chiacchiere con gli amici e il torneo di calcetto, le scorribande con il suo bat-cinquantino e la sua vita sembra scandita dalla musica dell’iPod, la scuola è una noiosa intermezzo quotidiano i cui farebbe volentieri a meno, anche se in fondo la scuola è “il parco giochi più pieno di gente nelle sue stesse condizioni”, mentre i professori sono “una specie protetta che speri si estingua definitivamente”.

«“Non so perché l’ho fatto, non so perché mi sono divertito a farlo e non so perché lo farò di nuovo”: la mia filosofia di vita è riassunta in questa luminose parole di Bart Simpson, mio unico maestro e guida. Per esempio. Oggi la prof di storia e filo sta male. E vai!Verrà una supplente. Sarà la solita sfigata. […] La supplente è per definizione un concentrato di sfida cosmica.
Primo: perché sostituisce un professore, che di per sé è già uno sfigato, e quindi la supplente è una sfigata al quadrato.
Secondo: perché fa la supplente, che vita è lavorare per sostituire qualcuno che sta male? Cioè: non solo sei sfigata, ma porti anche sfiga agli altri. Sfiga al cubo.» Leo dovrà contro le proprie convinzioni ricredersi quando arriva il nuovo supplente di storia e filosofia, un giovane insegnante che nulla ha a che vedere con gli altri colleghi: una luce gli brilla negli occhi quando spiega, quando sprona gli studenti a vivere intensamente, a cercare il proprio sogno.

E anche Leo ha un sogno. Si chiama Beatrice, occhi verdi e capelli rossi. La guarda da lontano ma non osa avvicinarla e dichiararsi. Poi scopre che il suo sogno rischio di uscire dalla sua vita prima ancora di poterlo vedere realizzato: Beatrice è malata di leucemia, e Leo prenderà il coraggio a due mani pur di non lasciarsi sfuggire quel suo sogno dai capelli rossi. Scoprirà che realizzare un sogno non è una passeggiata, bisogna essere pronti a superare i propri limiti, le proprie paure, a soffrire.
Ma accanto a questo sogno, Leo ha anche una realtà, più vicina, e, come tutte le presenze vicine, più difficile da vedere: Silvia, sua compagna di classe e amica, lei è la sua realtà affidabile e serena. Silvia è il suo rifugio sicuro, il suo angelo custode, è con lei che parla quando ha bisogni di pace e a Silvia che corre il suo pensiero ogni volta che tutto sembra andare storto.

Recensione
Leggi le prime pagine di Bianca come il latte, rossa come il sangue e subito sei calato nel suo mondo. È come essere nella sua testa e vedere il mondo con i suoi occhi. La narrazione in prima persona, tra il racconto diaristico e il flusso di coscienza, non è sempre fluida, di tanto in tanto inciampa, con la stessa parola che si ripete più volte in pochi righi e costruzioni di periodi che meriterebbero un segno rosso nel compito in classe di italiano. Non sono certo ingenuità di Alessandro D’Avenia. Laureato e dottorato in Lettere classiche, lo scrittore insegna Lettere al liceo ed è sceneggiatore, quindi ha consapevolezza delle parole, conosce di certo le regole della grammatica e di un testo scritto bene, però dalla sua esperienza di insegnate di liceo avrà attinto per quel parlare gergale e sgrammaticato dei giovani, in realtà tanto diffuso anche tra gli adulti tra chat e sms.

È Leo che pensa, che parla, racconta, seguendo il flusso dei suoi pensieri. E quando mai i pensieri – specie quelli di un adolescente – sono fluidi, senza intoppi e senza incertezze. Se poi i pensieri sono quelli di un ragazzo innamorato, si inseguono, illogici, folli, rotolano senza freno, come il motorino di Leo, e impattano contro la realtà e magari si spezzi anche le ossa. Leo però , grazie all’amica Silvia e al Sognatore ( è il soprannome con cui viene ribattezzato il nuovo supplente – che nel film è interpretato da Luca Argentero), saprà rialzarsi e continuare quel viaggio di ricerca dentro e fuori di sé, attraverso il proprio dolore e quello degli altri.

Agli Oscar ci sono i premi per gli attori non protagonisti… beh, se ci fosse, un premio per i romanzi al personaggio non-protagonista, in Bianca come il latte, rossa come il sangue, quel premio spetterebbe a Silvia. Il più delle volte i personaggi secondari, sono talmente di secondo piano che gli scrittori non si preoccupano di caratterizzarli, entrano ad escono ad hoc, come le comparse di una commedia, ma Silvia è protagonista appieno. Non ha l’evanescenza di Beatrice, che definirei più che l’amore ideale da inseguire forse l’ideale dell’amore, il sogno inafferrabile. Silvia c’è, sempre e comunque, anche quando non è con Leo e in lui. È una presenza discreta e prepotente allo stesso tempo. «Silvia mi guarda fisso negli occhi in silenzio, perché ha capito che mi sono perso. Poi mi fauna carezza e il vento torna a soffiare sulla barca del quadro, a vele spiegate verso un porto che non conosco ma so che c’è, come è vera quella mano che mi ha accarezzato. Silvia sa fare tutto questo con una carezza. Come fa? […] Grazie, Silvia, perché sei l’ancora che mi permette di non andare alla deriva e sei anche la vela che mi permette di attraversare la fatica del camera.» [pp.115-116, Mondadori]

Bianca come il latte, rossa come il sangue ha nel titolo una delle chiavi di lettura del romanzo: il bianco e il rosso sono di certo due protagonista del libro di D’Avenia. «Ogni emozione è un colore. Il silenzio è bianco. Il bianco è infatti un colore che non sopporto: non ha confini. Passare una notte in bianco, andare in bianco, alzare bandiera bianca, lasciare il foglio in bianco, avere un capello bianco… Anzi, il bianco non è neanche un colore. Non è niente, come il silenzio.» [n.d.r. p.9, Mondadori] Il bianco assume per Leo una valenza negativa: la paura, la sconfitta, la perdita, l’ignoto… quella malattia che può separarlo dal suo sogno, la leucemia di cui è affetta Beatrice, dal greco “sangue bianco” e arriva la protesta di Leo: “Lo sapevo che il bianco è una fregatura. Come può il sangue essere bianco? Il sangue è rosso e basta.” Rosso come i capelli di Beatrice. Come l’amore è rosso. Per Leo il rosso esprime qualunque concetto positivo. Il rosso è il sangue che è vita. Il rosso simboleggia l’amore, la forza di un sentimento capace di far superare se stessi, di annullare quel bianco che tanto lo spaventa.

Sara Foti Sciavaliere