Biblioterapia: curare con i libri, si può?

Quale miglior farmaco di un buon libro? L’unico medicinale che cura l’anima facendola viaggiare anni luce dalla quotidianità, pur restando ancorati ai propri spazi vitali. Sempre più spesso oggi si parla di biblioterapia.

Un libro è un buon amico, un mondo sconfinato, un viaggio iperbolico che si può fare comodamente sprofondati sul divano. È un universo infinito con porte spazio-temporali aperte a chiunque voglia oltrepassarle, è una madeleine proustiana, è una miscela di emozioni intense e può essere anche una terapia a tutti gli effetti.
L’avreste mai immaginato?

Quante volte ci capita di immedesimarci nei personaggi di un racconto, pagina dopo pagina diventano parte di noi, li amiamo, li odiamo, li comprendiamo, li compatiamo o li detestiamo…. Un libro ci fa provare una vastità multiforme di sentimenti e di pulsioni emozionali che lasciano il segno, in positivo o in negativo. Ogni volta che chiudiamo l’ultima pagina ci rimane “addosso” un’emozione, ci possiamo sentire più felici, svuotati o confusi… Un po’ di leggerezza, però, ce la concedono sempre, come se nel riporlo a fine lettura avessimo sigillato al suo interno un pezzo di noi, quello delle emozioni che siamo riusciti a decodificare grazie alla storia che contiene.

Un libro può davvero essere un farmaco? Contiene proprietà benefiche che alzano le difese immunitarie, psicologiche e mentali per affrontare con più consapevolezza paure, ansie e difficoltà?
Una buona lettura, adatta a noi, non ha controindicazioni e aiuta a focalizzare meglio il nostro animo grazie alla potenza di narrazioni che sembrano scritte apposta per noi. Le storie stampate ci ribadiscono che non siamo mai i soli a vivere un particolare momento o situazione, non “capita solo a me” ma a tanti altri, perché siamo parte di una comunità universale che ci capisce e conosce ciò che proviamo o stiamo vivendo (anche se sovente tendiamo a dimenticarcene…).

Biblioterapia: cos’è?
La biblioterapia è nata nei paesi anglosassoni all’inizio del secolo scorso. L’obiettivo è prescrivere una terapia basata su letture scelte dal terapeuta per apportare dei benefici a livello psicologico, per potenziare la consapevolezza, di sé e del mondo che ci circonda, l’empatia e la comprensione di ciò che viviamo e “proviamo”.
Il primo a introdurre la prescrizione di libri in un contesto psicoterapeutico fu lo psichiatra americano William Menninger, con il fratello Karl elaborò trattamenti individuali basati su letture scelte appositamente per pazienti ospedalizzati con disturbi psichiatrici, come quelli legati ad ansia, depressione, fobie o attacchi di panico.

I libri prescritti dagli psicoterapeuti hanno il compito di aiutare i pazienti nel loro cammino di crescita personale. In sintesi si tratta di un processo psicoterapico che aiuta ad affrontare i propri disagi psicologici, i dolori e i drammi con un metodo “dolce”. Il lettore, come ogni lettore, incontra narrazioni in sintonia con i propri percorsi personali vissuti. Un auto aiuto che serve a comprendersi meglio. Il libro è un terreno fertile per andare a fondo nell’introspezione personale confrontandosi con il terapeuta. La terapia ha l’obiettivo di alimentare l’autoconsapevolezza, favorendo un cambiamento positivo.

… e in Italia?
Nei paesi anglosassoni è molto praticata, c’è una copiosa letteratura specialistica al riguardo ed in Inghilterra la biblioterapia è riconosciuta dal servizio sanitario nazionale, in Italia si sta facendo strada, come le arti terapie, ed è ancora in fase sperimentale. Valutarne a fondo la validità terapeutica non è così semplice ma ritengo sia vero che, al di là degli aspetti più strettamente “medicali”, un libro, quello giusto, può davvero cambiare la vita e, sempre, offre l’opportunità di conoscersi meglio attraverso vite letterarie che ci fanno provare emozioni vive ed intense che aiutano a comprendere meglio noi stessi e gli altri.

Negli ultimi anni, in Italia, molti ospedali hanno allestito Biblio Hospital per degenti, visitatori, parenti e sanitari. Una biblioteca interna aperta al prestito per svagarsi ma anche per trovare un sollievo psico-emotivo ai disagi, alle paure, allo sconforto e ai malesseri che si affrontano nella quotidianità dei nosocomi.

A Firenze esiste la farmacia dei libri. Una libreria speciale la “Piccola Farmacia Letteraria”, nata dalla consapevolezza che “un buon libro può curare l’anima”. Tre intraprendenti donne hanno creato una vera e propria “farmacia” dove ogni libro è catalogato in base alle emozioni, agli atteggiamenti e agli stati d’animo che contiene ed è corredato da un bugiardino come un vero medicinale, per guidare il lettore alla scelta giusta grazie a precise indicazioni “terapeutiche”.

Ognuno di noi quando va alla ricerca di un libro si fa guidare, più o meno consciamente, dallo “status” emotivo del momento; dalla fase contingente della propria vita; non a caso ogni volta che lo si rilegge l’effetto su di noi è differente, perché la nostra “condizione umana” è in continua evoluzione.
Nella biblioterapia, invece, è il terapista a prescrivere i libri adatti, dopo un’attenta anamnesi elabora una diagnosi letteraria personalizzata, perché non c’è una cura biblioterapica universale.

Personalmente, ogni libro che leggo è una catarsi, un tranfert coinvolgente che mi permette di approfondire, conoscere, ragionare e persino dialogare “in trascendente” con le parole scritte per sondare più nel profondo l’interpretazione del mio Io e del Tutto, l’universo materico e metafisico che ci (-mi) circonda. L’idea di cercare soccorso in un libro, così come nella arti, mi emoziona e mi riempie di pace interiore.
Non so se funzioni per tutti, ma visto che ogni libro contiene l’immenso, non vale, forse, la pena provare la cura?

Barbara Saccagno