Chi scrive Si racconta: Intervista a Giuseppe Pascali – “La Confraternita del Re”

Esattamente un mese fa veniva presentato ufficialmente l’ultimo lavoro dello scrittore e giornalista salentino Giuseppe Pascali, “La confraternita del Re” (Kimerik Edizioni). Un romanzo storico che tesse le sue trame tra calli, campielli e sottoporteghi di una notturna e misteriosa Venezia del Cinquecento, tra intrighi di poteri, una setta segreta e spie. Giuseppe Pascali, rispondendo ad alcune mie curiosità, ci parla del suo libro ma anche della sua attività di scrittura.

Qual è la scintilla che ha innescato l’idea dalla quale ha preso il via la storia de “La Confraternita del Re”?

«Quando ad Umberto Eco fu chiesto perché avesse deciso di scrivere il romanzo “Il nome della rosa”, rispose: “Ho preso a scriverlo perché avevo voglia di uccidere un monaco!”. Mi permetto di citare il “maestro” per spiegare che le mie storie non nascono da una precisa intenzione di “doverle” scrivere o ambientare necessariamente in un luogo, ma sono mosse dalla curiosità. Nel caso de “La Confraternita del Re” il desiderio iniziale è stato quello di indagare sui servizi segreti di Venezia, peraltro meravigliosamente descritti da Paolo Preto. La scintilla pertanto è stata quella di narrare una Venezia nascosta, misteriosa, fatta di accuse e delazioni. Ho voluto però raccontare di una rete spionistica che non fosse quella “ufficiale”, fittissima, legata alla politica e alla Serenissima ma uno spionaggio “minore”, fatto di spie al soldo di chi ne chiede i servigi, magari per pochi ducati. Una storia, insomma, che permettesse al lettore di “aggirarsi” tra le calli di Venezia gustandone l’arcano fascino notturno»

Quando si scrive un romanzo storico, una parte del lavoro (che precede e si intreccia alla scrittura creativa) è la ricerca e la documentazione. Come procede in questa fase? Quali sono, a suo parere, le difficoltà nello scrivere un romanzo storico?

«La ricerca e la documentazione sono la parte più affascinante dello scrivere un romanzo storico. Innanzitutto perché si entra in contatto fisico con i documenti, si respira la storia. Il mio primo passo è sempre quello della lettura, di saggi di autori autorevoli soprattutto, poi segue la ricerca dei documenti specifici, alcune volte consultandoli anche in originale, laddove è possibile. Indispensabile è anche la consultazione di storici ed esperti, soprattutto quando si tratta di parlare di usi e costumi delle varie epoche. A me personalmente è capitato anche di consultare professori di medicina e agronomi. In tutto questo la difficoltà principale è quella di essere accorti all’attendibilità delle fonti e curare la forma della scrittura, altrimenti si rischia di compiere quello che Marguerite Yourcenar definiva “un ballo in maschera” nel romanzo storico»

Nello specifico ha incontrato momenti di incertezza nella stesura di questo romanzo?

«Difficoltà tante e incertezze molte. Anzi, bisogna sempre avere delle incertezze quando si scrive: solo il dubbio porta a controllare, a rifinire e giungere quanto più vicini alla perfezione. La complessità della scrittura di questo romanzo è data dal fatto che Venezia è una città difficile da descrivere, ogni angolo, ogni oggetto ha un suo nome specifico. La Venezia del XVI secolo è una città fortemente influenzata dai traffici con l’Oriente, con Costantinopoli, che finiscono per darle sfumature uniche»

Caterina Cavazza. Una penna maschile (la sua) che ha tratteggiato un personaggio femminile anticanonica per i tempi raccontati: indipendente, determinata, temeraria, Caterina sovverte un po’ l’ordine delle cose, e possiamo dire che tra lei e il giovane Giovanni Malipiero i ruoli sono quasi invertiti (non voglio dire molto, per evitare spoiler), ma come mai questa scelta?

«In effetti sembrerebbe che vada sempre controcorrente, scegliendo protagoniste femminili: Isabel ne “La maledizione di Toledo”, Beatrice Acquaviva d’Aragona ne “Il sigillo del marchese”, e ora Caterina Cavazza. Tuttavia, mentre negli altri due romanzi si è trattato una scelta obbligata dalla storia, qui laprotagonista me la sono scelta io e, come ha perfettamente notato, ho voluto descrivere un personaggio fuori dagli schemi, una spia non legata al potere, non prezzolata, assetata di giustizia e non di vendetta e con l’animo nobile. Caterina e Malipiero sono l’esempio di come la vita forgi gli animi: le ingiustizie hanno fatto di lei una donna forte, il potere e gli agi hanno reso Malipiero debole. Caterina fa la dura, ma poi in fondo ha il cuore tenero»

Un romanzo storico, dalle tinte noir e una leggera traccia di rosa. Cosa ne pensa delle etichette dei generi letterari?

«Se non esistessero i generi letterari, allora non dovrebbero esistere neanche le correnti come il surrealismo, il cubismo ecc. I generi sono necessari perché ognuno di essi è differente per stile, tecnica, linguaggio. Permettono al lettore di scegliere in base ai propri gusti. I miei romanzi “sconfinano” spesso in generi diversi, “La Confraternita”, ad esempio, è un romanzo storico ma anche un giallo storico. Ma quando mi definiscono uno scrittore di genere la definizione non mi sta stretta. Poi magari un giorno potrei anche decidere di cimentarmi con altro genere»

C’è un “luogo” privilegiato per Giuseppe Pascali in cui il processo creativo prende forma? (Una stanza, una condizione, un momento della giornata in cui sedersi a fermare le parole che passano per la mente).

«Come dice Marcello Simoni, “uno scrittore scrive tutta la giornata con la mente”. A me capita esattamente questo, ma poi quando si tratta di scrivere materialmente, allora il luogo deputato è solo il mio studio, vero e proprio Sancta Santorum di cultura, un misto tra biblioteca, museo e antro di un alchimista. Quanto ai tempi, la mia è soprattutto una scrittura serale e notturna»

Concludiamo, come iniziato, con la più classica delle domande: il prossimo progetto narrativo?

«Sto studiando diverse “storie”, da Dante ai poeti maledetti a prelati di particolare interesse. Qualcuno di loro, prima o poi, mi “racconterà” una storia. E io la narrerò a voi»

Sara Foti Sciavaliere

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S. Foti Sciavaliere, “La Confraternita del Re” di Giuseppe Pascali – Recensione, in agorart.net, 10 marzo 2020