ChiscriveSiracconta: Intervista a Diego Galdino – “Una storia straordinaria”

Il romano Diego Galdino, autore internazionale ai primi posti nelle classifiche della Germania, Spagna, Serbia, Polonia e Bulgaria, è uno scrittore sui generis, ritenuto il Nicholas Sparks italiano, non l’ha lasciato il bancone del suo bar nella Capitale dove continua a servire i suoi caffè “personalizzati” ai clienti. Il 2020 ha visto arrivare il suo ottavo romanzo, “Una storia straordinaria”, pubblicato da Leggeditore, un’intensa e romantica storia d’amore attraverso i cinque sensi nella sua Roma piena di fascino e magia. Allora conosciamo un po’ Diego Galdino grazie a questa intervista rilasciata per noi.

Buongiorno, Diego. La ringrazio intanto per la sua disponibilità a scambiare qualche chiacchiera con me per il blog AgorART. Iniziamo da una domanda banale giusto per rompere il ghiaccio: cosa ha ispirato il suo romanzo “Una storia straordinaria”?

Sicuramente la voglia di raccontare una storia fuori dal comune, diversa, fatta di scene vivide, dinamica, cinematografica, che potesse sembrare vera, vissuta da persone in carne ed ossa e sensi, tutti e cinque.

Per Diego Galdino cosa può esserci di straordinario nella vita di ogni giorno?

Il fatto di ritrovarmi a fare i caffè dietro a quello stesso bancone, dove stava mia madre a fare i caffè incinta di me quando le si sono rotte le acque.

Roma è la consueta ambientazione dei suoi romanzi e in “Una storia straordinaria” c’è una dedica “A Roma…”: è solo attaccamento per la sua città o c’è una scelta di comodo, la sua confort zone? E se dovesse spostare i suoi prossimi personaggi altrove, quale potrebbe essere un’altra probabile location?

In realtà ho scritto due romanzi poi tradotti in otto paesi europei ambientati in Toscana e Sicilia, quindi Roma non è fondamentale per le mie storie, ma è la mia città e guai a chi me la tocca. Non c’è nessun altro posto in cui vorrei vivere e mi sento molto fortunato ad essere uno scrittore romano e quando mi va cerco di far capire tutto questo attraverso alcune delle mie storie. Essendo un grande appassionato di drama coreani, un’altra location che mi affascina molto è la Corea del Sud e chissà magari il mio prossimo romanzo potrebbe essere ambientato proprio a Seul.

La narrazione è “giocata” su una marcata sensorialità, introducendo al mondo di Luca che uno dei sensi lo perde (e forse è allora che ci si accorge che esistono gli altri, come un filtro attraverso il quale leggere il mondo anche più intensamente, compensando quello perduto), così la prima parte del romanzo è divisa perfino in paragrafi intitolati con i cinque sensi, e i sensi si richiamano ancora per tutto il resto del romanzo: provi, Diego, a descrivere in maniera sintetica al lettore i due protagonisti attraverso i 5 sensi.

Luca è la musica di Yiruma, il sapore della Carbonara, il panorama de Il giardino degli aranci, il tocco di una mano che accarezza il volto di una donna, il profumo dello zucchero filato. Silvia è la musica di Ennio Morricone, il sapore dei pop corn mangiati al cinema, un albero che vedi apparire dal nulla che ti protegge dalla pioggia come nel film La casa sul lago del tempo, il volto di una donna accarezzato da una mano, il profumo di Luca.

Quali percezioni sensoriali sono più difficili da descrivere, da rendere in modo verosimile quando si scrive?

Se sai creare dal nulla una storia, puoi descrivere qualsiasi cosa senza alcuna difficoltà.

Ho letto una sua dichiarazione in cui diceva che leggere Rosamunda Pilcher è stata una svolta: secondo la sua opinione qual è la differenza tra i romanzi d’amore scritti da donne e quelli da uomini? (se ritiene che ci sia una differenza).

Credo che la differenza non la faccia il genere, ma la persona. Ognuno è uno scrittore a modo suo a prescindere che sia un uomo o una donna.

Non ha lasciato il suo bar nonostante sia ormai un noto scrittore, gli amici lo chiamano “il Cinderella della letteratura” mentre molti è il “Nicholas Sparks italiano” potendo anche vantare molte traduzioni dei suoi libri: dunque, come si fa a tenere i piedi piantati a terra, quando vedi il tuo nome varcare i confini nazionali e tuoi romanzi conoscono il successo internazionale?

Basta continuare a fare il primo caffè del mattino ad Antonio l’idraulico per avere i piedi ben piantati sul bancone.

È testimonial del Consorzio per il caffè espresso italiano tradizionale e nella sua biografia si legge che “saluta ogni mattina i suoi clienti con i caffè più fantasiosi della città”… da qui vorrei proporre un gioco per salutarci… (a parte che spero di poter tornare presto a fare un salto a Roma e magari riuscirò a gustare uno dei suoi caffè): Un personaggio letterario con il quale prenderebbe un caffè? E a quale autore/autrice, invece, dedicherebbe uno dei suoi “fantasiosi” caffè?

Mi piacerebbe preparare un caffè al Capitano Wentworth del romanzo Persuasione di Jane Austen. Per quanto riguarda un caffè da dedicare ad un autore o autrice posso dire che c’è un’autrice italiana per la quale nutro una grande ammirazione, credo che il caffè che meglio la rappresenti sia un caffè forte, fatto come si deve, quindi a cui non c’è bisogno di aggiungere lo zucchero, un insieme equilibrato di arabica e robusta, dentro una tazzina di porcellana bollente. Un caffè che fa la differenza tra un Bar per un giorno e un Bar per sempre e che difficilmente si dimentica, in particolare quando bevi gli altri caffè.

Sara Foti Sciavaliere