Pochi giorni fa ho recensito per il blog “Il viaggio di uno straniero”, il primo volume di una saga a metà strada tra science fiction e fantasy, da qui la curiosità di conoscere meglio il suo autore che si cela dietro al nome d’arte di Magnus Torque. Di seguito dunque l’intervista.
–Magnus Torque, perché questo nome d’arte? (spiegaci il suo significato e come mai la scelta dell’anonimato)
La Fantascienza e il Fantasy, nel nostro paese sono caratterizzati purtroppo da una tendenza fortemente esterofila. Per un nome italiano, emergere scrivendo romanzi ascrivibili a questi generi è sempre complesso. Spesso si viene scartati in maniera pregiudiziale e nel mio tentativo di valutare il canale del self publishing, ho pensato di adottare questa soluzione. Ovviamente la scelta è stata dettata anche da altri fattori meno “commerciali”. La sonorità di quel nome e cognome associati mi piaceva particolarmente ed evocava sensazioni che non provavo da tempo. Magnus è un nome che ho sempre associato al mistero, ai segreti di una sapienza perduta. Ha per me il fascino dell’Alchimista uscito da un racconto del Settecento. “Torque” mi riporta molto più indietro nel tempo. E’ legato a ricordi che risalgono alla mia adolescenza. Ero un giovane studente con una passione quasi fanatica per la storiadi Roma antica. Un giorno mi capitò di leggere un racconto avente per protagonista un condottiero romano: Tito Manlio Torquato[1]. Secondo la tradizione dopo aver battuto in duello un gigantesco guerriero celta, gli strappò il torque[2] (dal che gli sarebbe derivato il cognome di Torquatus)la collana che diversi popoli antichi usavano come ornamento mistico. Un oggetto che li avvicinava al divino garantendo protezione. La sonorità e il potere evocativo di quel nome mi hanno sempre affascinato e ho pensato di usarlo per il mio pseudonimo. Una sorta di talismano portafortuna che ho voluto associare alla mia passione per la scrittura. Mantenere l’anonimato mi permette di dare al lettore un frammento di mistero in più. Un pizzico di fascino che possa accompagnare le pagine con cui spero di riuscire a comunicare la mia passione.
–Come nasce “Il viaggio di uno straniero”?
Da un periodo nel quale la curiosità del confronto con eventuali lettori, ha superato la mia preoccupazione per l’ignoto, ovvero l’autopubblicazione. Iniziai a scrivere nel 2013, nei giorni in cui ho saputo che sarebbe arrivato mio figlio. Quella notizia mi diede la spinta per dare forma al sogno della mia vita. Dedicare un romanzo al mio Valerio. Ma non so ancora se pubblicarlo e nel frattempo ho pensato di cimentarmi con una storia che, allo stesso modo, mi gira per la testa da molti anni. La storia di una ragazza che potrebbe allo stesso modo essere mia figlia(quella che non ho mai avuto) e che avrebbe affrontato la vita con la forza e la determinazione che vedo in tante donne che mi circondano e che hanno fatto o fanno parte della mia esistenza.
–Una considerazione che facevo anche mentre scrivevo la recensione, riguardava i tuoi personaggi: a parte la protagonista, anche altri sono donne e con ruoli di forza e fuori dalle consuetudini rispetto al contesto che racconti, come mai? È un caso o c’è un qualche messaggio dietro?
Ritengo che personaggi femminili “forti” in ruoli di responsabilità e di comando, siano particolarmente affascinanti e non abbiano ancora avuto la giusta attenzione in ambito letterario. Immaginare una società che sfrutti pienamente le risorse derivanti da entrambi i generi mi è, da sempre, risultato molto facile da immaginare. In realtà ammetto che dietro vi sia anche una sorta di sfida. Per un uomo cercare di raccontare in maniera credibile un personaggio femminile è di sicuro una questione molto complessa. Infatti tengo in grande considerazione il parere di eventuali lettrici. E se riesco a convincerle, disegnando nel loro immaginario un personaggio femminile credibile, allora riesco a ritenermi uno scrittore vero, e non solo un appassionato che si è avvicinato superficialmente a questa arte.
–Perché hai scelto la fantascienza come genere letterario?
La mia vita è sempre stata particolarmente influenzata dalla dicotomia Passato-Futuro. Dalla passione per la Storia Antica sono arrivato molto presto a coltivarne una, con la stessa intensità, per tutto ciò che caratterizza un futuro permeato dalla scienza in ogni sua forma. Ho una laurea in materia scientifica, anche se non ho mai avuto modo di conseguire lo stesso titolo in una delle materie che mi appassionavano da bambino (a dieci anni rispondevo alla solita domanda: “Cosa vuoi fare da grande?” Con una determinazione sconcertante: “L’archeologo!”). Il mio romanzo non può dirsi un fantascientifico puro, ma non so nemmeno se appartiene al genere “Science Fantasy”[3] . Si tratta comunque di un filone ibrido e la commistione di questi generei credo sia il perfetto connubio delle passioni di cui ho raccontato.
–“Il viaggio di uno straniero” è il primo volume della saga “Xenowatch”, stai già lavorando al secondo? Hai già un progetto d’insieme oppure procedi seguendo i suggerimenti della storia finché non sarà essa stessa a esaurirsi?
Sì, ho immaginato una saga in almeno tre volumi, ma non è detto che riesca a raccontare tutta la storia, potrei scegliere una soluzione con qualche volume ulteriore. Il progetto è perfettamente chiaro nella mia mente, ma il processo creativo che mi caratterizza, spesso prevede un adattamento quasi autonomo. A volte ho la sensazione che la storia prosegua da sola, come se fosse sempre esistita nella sua forma completa ed io fossi nato solamente per tradurla nelle pagine che chiunque possa poi apprezzare.
Sara Foti Sciavaliere
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- Sara Foti Sciavaliere, “Il viaggio di uno straniero” di Magnus Torque – Recensione, in agorart.net, 18 luglio 2020
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