#ChiscriveSiracconta: intervista ad Alberto Cioni – “Uno”

Giornalista, redattore di testi per programmi tv e correttore di bozze per case editrici, Alberto Cioni si affaccia ufficialmente nel mondo nel mondo della narrativa con il suo primo romanzo, “Uno”, edito da Ensemble, e di seguito vi proponiamo l’intervista che l’autore toscano ha rilasciato per AgorART.

-Una carriera da giornalista e di autore e correttore di testi altrui, quando e perché la svolta a tentare la via dello scrittore, del narratore?

La scrittura era già presente in me prima dei miei lavori nell’editoria e nel giornalismo: poesie, brevi racconti, un abbozzo di romanzo, diaristica. Benché si trattasse solo di testi privati, non confidavo ancora nella pubblicazione. Probabilmente non mi sentivo ancora pronto. Mentre poi convivevo con la redazione e la correzione di libri, e mi occupavo per i giornali di fatti di cronaca, devo aver maturato qualcosa, e da quel momento si è manifestata sempre di più la consapevolezza e la volontà di scrivere un libro e di trovare un editore. Così, già prima di “Uno”, avevo scritto un breve romanzo di tutt’altro genere, che come spesso capita a molti autori esordienti, è stato rifiutato da diverse case editrici.

-Quali sono state (se ci sono state) le difficoltà nello scrivere un romanzo?

Qualche difficoltà c’è stata. Credo che sia normale per chi scrive, specie agli inizi. Nel mio caso si è trattato soprattutto della costruzione dei personaggi, non tanto le idee che avevo su di loro, che erano abbastanza chiare. La difficoltà si è manifestata quando ho dovuto renderli oggettivi, nel creare, sviluppare, approfondire per esempio i caratteri, i loro dialoghi, le psicologie, farli muovere in certi contesti, pubblici e privati, ricreare attorno a essi un colore e un’ambientazione ai miei occhi e a quella dei lettori credibile. Più che i personaggi prendevano ampiezza e si completavano, maggiori sono stati i miei dubbi, le incertezze, gli scrupoli, e così mentre i personaggi si facevano, io esitavo ad accettarli come si erano fatti. E fin da ultimo è stato un po’ così.

-Da dove nasce l’idea di “Uno”?

Durante e dopo la stesura finale del libro non riuscivo a dare un titolo al romanzo, e tra quelli che avevo pensato, nessuno mi soddisfaceva. Poi mi è uscito Uno, che è legato concettualmente al protagonista del libro, Pietro Neveni, come un suo viaggio iniziatico dentro la realtà. Uno quindi come principio fondante di una vita in divenire. E pure il titolo può riferirsi a uno dei temi centrali del romanzo, quello della vocazione, che nel perseguirla porta in sé una sua unicità, saldezza e una sua irripetibilità.

-C’è qualcosa di Alberto Cioni in Pietro Neveni, il suo protagonista?

Non avevo intenzione di creare un messaggero/portatore delle mie idee personali, sulla vita, sull’arte, o che riflettesse, in parte, alcuni aspetti della mia personalità. L’idea è sempre stata quella di realizzare un interprete principale del romanzo, in questo caso Pietro Neveni, con ambizioni letterarie, che parlasse e si muovesse al di fuori di me e della mia vita, circondato da personaggi e proiettato in situazioni a me sconosciute ed estranee. Credo però, e sia quasi inevitabile, che nei romanzi e nei racconti qualcosa della psicologia di un autore possa trasmigrare, seppur inconsapevolmente, nel protagonista, in qualche personaggio, oppure degli eventi della sua vita privata potrebbero essere rappresentati così come lui li ha osservati e vissuti, o semplicemente del tutto o in parte trasformati dalla sua fantasia.

-La sua pregressa esperienza di correttore e redattore in case editrici le è tornata utile, o come per molti scrittori la fase di revisione del libro è stata un incubo?

Sì, molto utile, aver lavorato nell’editoria mi ha aiutato. Mi sono trovato dalla parte degli autori, dopo essere stato sull’altra sponda, e questo ha facilitato il lavoro. Anche quando l’editor mi ha suggerito degli approfondimenti e delle correzioni da fare sulla trama e sui caratteri di alcuni personaggi, li ho in gran parte accettati, li ritenevo corretti, mentre per altre osservazioni ho motivato certe mie ragioni, che sono state comprese, e alla fine tutto è filato liscio. Sapevo come funziona il lavoro editoriale. Capisco quindi cosa provano gli autori quando si trovano ad affrontare, soprattutto le prime volte, una redazione editoriale, quando è corretto e ritoccato, a volte anche pesantemente, il loro manoscritto. Per me in genere è sempre un piacere rivedere, modellare, plasmare i miei scritti, nel caso di “Uno” questo diletto si è manifestato ancora di più, nel renderlo sia al pensiero sia al mio orecchio affine all’idea che avevo del romanzo finale.


-Forse è presto ma lo chiedo comunque: dopo “Uno” si è fatta già un’idea di un secondo romanzo?


Sì, ho alcune idee, tra cui forse anche quella di dare un seguito a Uno, con lo stesso protagonista, ma in contesti diversi. Per il resto ho delle idee su altri generi, ma anche qui, per il momento, ancora niente di iniziato.

Sara Foti Sciavaliere