Daria Bignardi, classe ’61, è giornalista, presentatrice, autrice di programmi televisivi e scrittrice. Dopo Non vi lascerò orfani (2009), opera insignita di numerosi premi letterari, e Un karma pesante (2010), è da poco in libreria L’acustica perfetta (2012). In quest’ultimo romanzo l’autrice ferrarese approfondisce e indaga le dinamiche matrimoniali attraverso la vicenda dei coniugi Cange: la storia, avvolta dal sottile velo del silenzio e della normalità, nasconde segreti e tormenti, ansie e debolezze. La convivenza, che dovrebbe portare alla conoscenza dell’altro, sottolinea, invece, indifferenza e superficialità.
Recensione
Daria “veste i panni” di un uomo – scelta questa che le permette di dare libero sfogo a pensieri e idee senza rischiare di essere giudicata. Dà voce, infatti, alla disperazione, apparente (?), di Arno, violoncellista della Scala, abbandonato dalla moglie Sara, la quale gli ha lasciato un bigliettino piuttosto conciso. Il musicista ripercorre, in un dialogo con se stesso e con l’assente Sara, la sua vita di coppia alla ricerca delle ragioni che hanno spinto la madre dei suoi tre figli ad abbandonare tutto e tutti. Dalla rabbia iniziale, con cui scopre l’oscuro e triste passato di Sara, da lui ignorato per anni, giunge alla piena consapevolezza di sé e della sua storia, comprendendo le proprie mancanze e le proprie priorità.
La vicenda di Arno e Sara dimostra come all’interno di una coppia le parole taciute e soffocate, le mancate verità, il dare per scontato qualcosa che tale non è, siano deleteri per un matrimonio, anche – e forse soprattutto –, quando sembra perfetto. Probabilmente, tra tutti, proprio Arno, che dichiara di amare la moglie come nessuno saprebbe fare, è la persona che meno ha capito le necessità, i desideri, i turbamenti e l’eccessiva sensibilità di una donna che non conosce affatto, pur avendo condiviso con lei tredici anni della propria vita. Tra di loro manca una “conoscenza emotiva”, il dialogo, l’ascoltarsi reciprocamente. Manca l’“acustica perfetta”, necessaria per la sopravvivenza di un matrimonio. Arno non esplora i sentimenti per egoismo e per paura dell’ignoto, perché è più comodo – fino a quando tutto procede secondo le sue convinzioni – nascondere la testa, piuttosto che interrogarsi.
Il problema nasce nel momento in cui inizia a crollare la “vita” costruita sulle bugie e le mezze verità. Quando è costretto a cercare ciò che è lì, davanti a lui, ma che ha preferito ignorare con tutto se stesso. Solo dopo la scomparsa della compagna inizia a comprendere la verità su di lei: «il suo problema non è tanto il passato, ma il fatto che» lui «non abbia voluto o saputo condividerlo. Che non l’abbia capita. Come se non» l’avesse «amata abbastanza». Arno, in virtù delle “rivelazioni” che man mano gli si presentano, è costretto a rivalutare gli ultimi anni del suo matrimonio, il modo in cui ha amato la moglie e la donna stessa, che, con le sue fragilità, le incertezze e le paure, ha dato uno scossone all’immobilità di una convivenza priva di entusiasmo e di condivisione. Sara, d’altra parte, si è lasciata intrappolare e fagocitare dalla quotidianità, dalla sensazione di protezione, dalla normalità di un’esistenza che non sentiva adatta a sé, senza ribellarsi, arrivando alla decisione estrema della fuga, anche dai figli. Chi ha tratto maggior vantaggio dalla situazione è Arno, che grazie a Sara è costretto a “guardarsi dentro” e «se» è «diventato uomo, se non» è «soltanto un musicista vanitoso» lo deve al gesto, a prima vista egoistico e irresponsabile, della moglie, all’influenza che, anche a distanza, ha esercitato sulle loro vite sconvolgendole e indirizzandole verso la giusta via.
Nota dolente, però, è rappresentata dai figli, il cui comportamento, davanti agli accadimenti, offre la possibilità di una duplice interpretazione: erano stati preparati da Sara, oppure in cuor loro, conoscendo bene la madre, si aspettavano un tale epilogo?
Intervista
C’è un significato metaforico sotteso al titolo L’acustica perfetta?
Ce ne sono diversi. Letteralmente, si riferisce a una scena del libro in cui il protagonista ha un’illuminazione.
Sara non parla, Arno non ascolta: è questa l’acustica imperfetta?
Certamente il silenzio tra loro è un silenzio vuoto, sterile.
L’assenza di comunicazione può essere considerata il tema centrale del suo romanzo?
Credo sia uno dei temi importanti: forse il motore della storia e dei personaggi sta, però, nei loro caratteri e nei loro destini. Arno è impermeabile al dolore, non lo sente e non lo capisce. Sara, invece, col dolore combatte, ha bisogno di capire ed essere capita.
Sara si presenta lentamente, dalla prima all’ultima pagina, agli occhi del lettore tramite i ricordi e gli episodi raccontati dalle persone che hanno condiviso con lei parte della propria vita. Ma Sara chi è veramente?
Quello che vuoi tu. Sono i lettori a definire i personaggi.
Autolesionismo prima, droga dopo caratterizzano il comportamento della protagonista da giovane. Come incide ciò sul comportamento di Sara adulta?
Credo che Sara se ne vada per la paura di ritrovarsi debole, di ammalarsi ancora. È consapevole della sua fragilità, sa che non può permettersi di sbagliare ancora, perché ha tre figli.
Secondo lei è davvero possibile vivere per tanti anni con una persona senza conoscerla veramente, né sforzarsi di farlo perché è più facile vivere o amare l’idea della persona stessa o per un rifiuto della realtà che può scombussolare o destabilizzare?
Le persone sono diverse. Ma certamente è difficile, difficilissimo, accettare il dolore degli altri, specialmente di chi ci sta più vicino.
Un altro tema affrontato nel suo romanzo è il difficile rapporto tra genitori e figli. Prima ciò era dovuto al troppo rispetto (o meglio al timore), oggi alla mancanza di rispetto. Lei crede che sia davvero così difficile instaurare un “vero dialogo” tra genitori e figli? O, a più ampio spettro, tra generazioni di genitori e generazioni di figli?
Non mi sembra che ci siano rapporti particolarmente difficili tra genitori e figli di questa storia, anzi. Arno parla poco coi suoi perché non è abituato a farlo, ma li rispetta. È stato cresciuto nell’indipendenza. Rino, il padre di Sara, è un uomo silenzioso ma presente e, a modo suo, attento.
Giornalista, scrittrice, presentatrice e autrice di programmi televisivi: si sente realizzata o c’è qualcosa che vorrebbe compiere, anche per la prima volta?
Una grande impresa sportiva? Scherzo. Non ci si sente mai realizzati quando si ha una vena creativa. È un dono, ma, anche, una condanna.
di Emanuela Boccassini
– Daria Bignardi, L’acustica perfetta, Mondadori, 2012.