“Euphoria”: “Fuck anyone who’s not a sea blob”, il secondo episodio speciale – Recensione

Così come la luna e le medaglie, anche le storie hanno almeno due facce, due prospettive da cui osservare la realtà. L’altra parte di questa storia è Jules (Hunter Schafer), la bella e misteriosa ragazza trans di cui Rue (Zendaya) è perdutamente innamorata.

“Fuck anyone who’s not a sea blob”, il secondo episodio speciale di “Euphoria” a lei interamente dedicato, ci catapulta nella testa di questa adolescente in piena crisi esistenziale, assalita dai dubbi, dalle paure e delle paranoie.

Assistiamo alla prima seduta di terapia di Jules, la quale dice alla sua psicologa, la dottoressa Nichols (Lauren Weedman), di voler interrompere l’assunzione dei blockers, gli ormoni che bloccano lo sviluppo dei tratti tipicamente maschili. Non si è pentita della transizione e non ha intenzione di tornare indietro, ma è stanca di doversi adattare agli standard di femminilità imposti dalla società.

Non è più interessata ad apparire attraente agli occhi degli uomini, loro filosoficamente non le interessano più. Ciò che le preme è ritrovare se stessa abbattendo i retaggi culturali, superando i canoni che l’immaginario collettivo ritiene debbano appartenere ad una donna o ad un uomo. Si sente in colpa, crede di aver costruito il suo Io e il suo corpo basandosi esclusivamente sulle opinioni altrui e sull’imposizione dei ruoli di genere. Voleva conquistare la femminilità, ma alla fine è stata la femminilità a conquistare lei.

Dichiara i motivi del suo amore per Rue. Quest’ultima è stata l’unica a vederla fin dal primo momento per quella che davvero è, oltre le maschere e le recite. Rue l’ha amata per il solo fatto di esistere, senza interessi e secondi fini, come una madre ama fin da subito incondizionatamente il figlio. Ma è proprio qui che si toccano altri tasti dolenti per Jules. Sente forte sulle spalle il peso della dipendenza di Rue, è convinta che la vita o la morte di quest’ultima dipendano anche da lei.

Ha paura. Scopriamo che anche sua madre, con cui non ha più alcun rapporto, aveva una dipendenza, ma questo a Rue non l’ha mai detto per non gravarla di ulteriori fardelli. Ed è quindi quest’angoscia per la vita vera che porta l’adolescente a rifugiarsi online, a costruire rapporti surrogati ed emozioni sintetiche.

Il controverso personaggio di Jules, da sempre un mistero per gli spettatori, finalmente si apre e lascia intravedere la sua anima. Sam Levison e Hunter Schafer – co-sceneggiatrice e produttrice dell’episodio – spogliano Jules dalle sue maschere, dall’immagine che vuole dare agli altri di sé.

Passo dopo passo il groviglio della matassa si scioglie e riusciamo a cogliere il perché di molti atteggiamenti – apparentemente inspiegabili – assunti dalla ragazza nel corso della prima stagione.

La semplicità dell’ambientazione si contrappone alla complessità di un moderno personaggio pirandelliano come quello di Jules. Le immagini tipicamente oniriche di “Euphoria”, in questo episodio, seguono un climax ascendente che porta sempre più lo spettatore a confondere la realtà con le proiezioni della mente della protagonista.

Il risultato? Una piccola poesia contemporanea.

“Voglio essere bella come l’oceano, che è forte e femminile da morire.” – Jules

“Nessuna ragazza mi aveva mai guardato come lei. Rue è la prima ragazza che non voleva solo guardarmi. Lei voleva vedermi.” – Jules

Liliana Passiatore