“Il mio tutto” di Chiara Zaccardi – Recensione

Uscito con Bibliotheka Edizioni lo scorso giugno 2020, “Il mio tutto” di Chiara Zaccardi, forte e delicato allo stesso tempo, è un romanzo sull’accettazione della propria e dell’altrui diversità e sul difficile percorso che una simile scelta comporta.

La trama
“Come si fa quando non riesci a stare insieme a una persona ma non riesci nemmeno a stare senza?”. Davide se lo chiede dal momento in cui ha conosciuto Cristian. A sedici anni arriva in una nuova scuola, a Parma, e si fa subito notare: ama disegnare e non nasconde di essere gay. Per questo viene preso di mira da alcuni compagni. Il leader dei bulli, Cristian, è il campione di nuoto della scuola: fisico atletico, occhi azzurri e un sorriso spietato.

Cristian detesta Davide. Almeno finché non lo bacia. Il loro è il primo grande amore, giovane, intenso, tanto inaspettato quanto assoluto. Cristian si scopre indifeso davanti a un desiderio inarrestabile, senza mezze misure, e non sa come affrontarlo. Abbandonarsi a un sentimento che lo rende diverso o respingerlo? Ammettere che le fragilità di Davide sono un po’ anche le sue o usarle per allontanarlo?

L’autrice – Chiara Zaccardi
Chiara Zaccardi è nata nel 1986 a Parma, dove tuttora vive. È laureata in Giornalismo e cultura editoriale e lavora in un’azienda che si occupa di efficienza energetica. Con le Edizioni Noubs ha pubblicato il romanzo “I peggiori” e il racconto “Occasion” nell’antologia “Limite acque sicure”. Per Edizioni Arpanet è uscito il racconto “Parma, ore 3” nell’antologia “E tutti lavorammo a stento”. Con il Gruppo 26Agosto ed Eros Viel ha pubblicato il racconto “Prima dell’alba” nell’antologia “Poesie e racconti per strada”, nell’ambito dell’omonimo concorso letterario. Il racconto “I giocattoli siamo noi” è stato tra i cinque finalisti del Premio Grado Giallo (Mondadori) del 2012.

Recensione
Se non mi fosse stato segnalato, probabilmente non avrei mai letto “Il mio tutto” e sarebbe stato davvero un peccato! Non leggo di solito gli M/M (come sono definiti oggi, ossia le storie d’amore “Maschio/Maschio”), si potrebbe pensare per pregiudizio e discriminazione, ma non leggo neanche la fantascienza e i forbidden, quindi si tratta di gusti di lettura, ma so riconoscere al di là di preconcetti e un più generico gusto personale quando un romanzo è scritto talmente bene da catturate totalmente l’attenzione del lettore, da graffiare il cuore.

“Il mio tutto” di Chiara Zaccardi è potente, intenso, come un pugno nello stomaco, lascia senza fiato. Con una scrittura pulita e diretta, tocca temi attuali e delicati, quali l’omofobia, il bullismo, l’adolescenza e la coscienza di sé, della propria identità, la sessualità, l’autolesionismo, il senso di alienazione ed emarginazione di molti giovani che si cercano ma mancano di punti di riferimento e rischiano di perdersi nei proprio dubbi, nelle incertezze, nell’intima sofferenza di non essere abbastanza, di aver tradito le aspettative dei genitori e un po’ del mondo intero.

Non sono una sentimentale, ma ammetto che a tratti il romanzo è davvero commovente, senti il cuore stringersi, farsi un pugnetto piccolo piccolo di fronte alla lotta interiore di Davide Leoni, con se stesso, la sua famiglia, i compagni e vorresti averlo di fronte per potergli dire che non è solo, per dargli conforto di fronte alle ingiustizie, alla cattiveria, alle delusioni. Ma Davide non è un debole (lui lo crede!), è forte, è coraggioso, il suo sarcasmo è disarmante (la sua difesa migliore) e divertente, è uno spirito creativo che fa della sua arte un modo per esprimersi e il suo rifugio. E nonostante sia tormentato dalla sensazione di inadeguatezza, anche quando sembra prostrato irrimediabilmente, senza speranza ( e forse molti al suo posto avrebbero gettato la spugna!), lui non si arrende davvero, è pronto a rialzarsi.

È facile arrabbiarsi con Cristian Montecchi, per la rabbia ingiusta che rivolge a Davide, per i suoi umori altalenanti, per le angherie fisiche e morali di cui fa vittima Davide, nella sua contorta battaglia personale, in cui il compagno diventa bersaglio. Ma Davide, suo malgrado, ha aperto una breccia profonda nelle certezze di Cristian e diventa il suo capro espiatorio e la sua ossessione. Cristian deve fare i conti con una vita apparentemente perfetta che potrebbe sgretolarsi ammettendo che si è innamorato di un ragazzo. A volte il lettore può avere l’istinto di scuoterlo con forza, di prenderlo a schiaffi, ma se si guarda in profondità la tempesta che lo scuote dentro, chi può biasmarlo?! La sua condotta è più volte meschina, ma la paura gioca brutti scherzi, fa dire e fare cose che forse altrimenti non avremmo neanche pensato, e la paura rende Cristian talvolta cieco e sordo ai suoi sentimenti e a quelli di Davide. Un lungo e complicato processo di accettazione della propria diversità rispetto all’immagine di sé che aveva sempre avuto.

Questa è una parte della storia, quella centrale, intorno alla quale si muovono altri personaggi e danno luci ad altri aspetti, all’aggressività e la crudeltà gratuita figlia dell’ignoranza e della superficialità (si vedano gli amici di Cristian), ma ci sono esempi di solidarietà vera, le nuove amicizie di Davide (Amir, Speranza e Sara), un rapporto fraterno ritrovato, genitori più confusi dei figli nel gestire il caos della loro crisi emotiva. Tra i personaggi secondari è impossibile non apprezzare la personalità di Sara Venturi, senza peli sulla lingua, indifferente ai giudizi della gente, una “roccia” su cui Davide può sempre contare, ma c’è una figura che fa capolino tra le righe del romanzo capitolo dopo capitolo, che con fare sornione e poche battute lanciate qua e là non ha smesso di attirare la mia curiosità – Mattia Mazzari, l’amico d’infanzia di Cristian e compagno di classe –, scrupoloso osservatore e acuto nelle considerazioni, sarà la voce della coscienza dell’amico, con un insolita saggezza per un diciassettenne.

Il lieto fine sarebbe scontato?… neanche tanto! A volte la sensazione di una tragedia inevitabile fa davvero temere il peggio… tuttavia un “happy end” Davide Leoni se lo merita, dovrebbe essere il giusto risarcimento della vita alle ingiustizie e al dolore costretto a subire troppo a lungo.
“Il mio tutto” è sorprendentemente ricco di emozioni!
Consigliato anche per i più giovani, potrebbe saper spazzare pregiudizi e stereotipi, o almeno invitare alla riflessione.

Sara Foti Sciavaliere