Il sigillo del marchese di Giuseppe Pascali: intervista all’autore

Oggi nella Galleria del Palazzo Ducale dei Castromediano a Cavallino, Giuseppe Pascali, giornalista e scrittore, presenterà il suo nuovo romanzo Il sigillo del marchese (Lupo Editore), in concomitanza con l’uscita nazionale in libreria.

Trama
La morte della ventottenne Beatrice Acquaviva d’Aragona – sposa di Francesco Castromediano e amatissima marchesa di Caballino – si abbatte sul feudo come una tragedia inaccettabile. Ma mentre la piccola corte salentina cade nella disperazione, c’è chi di quel lutto inatteso gioisce. Don Pietro Altomonte, arrogante signorotto leccese, incarica i suoi “bravi” di recuperare i documenti che attestano i diritti dei Castromediano sui possedimenti caballinesi, per impadronirsene.
Il crudele Ferrando e Lupo, l’uomo dal fiuto infallibile e dal tormentato passato, corrompono, intimidiscono e giungono ad uccidere per scoprire il nascondiglio di quelle carte, ma senza esito, tanto più che il segreto di don Francesco è ben altro.

Tra storia e leggenda il racconto scorre nelle vie del borgo di Caballino e nelle campagne circostanti, tra le mura del convento voluto dalla marchesa devota a san Domenico di Guzman e nella coscienza turbata del priore padre Bonaventura, inquieto depositario di segreti propri e altrui. Nel frattempo arriva il flagello della peste a ricordare agli uomini la loro fragilità, ma anche a pareggiare i conti. E la memoria di un amore straordinario troverà i suoi testimoni.

Secondo te quali sono i limiti e quali i punti di forza di un romanzo storico?
Direi che limiti e punti di forza in un romanzo storico coincidono, sono entrambi costituiti dalla ricostruzione storica. Se effettuata male, il romanzo mal si contestualizza nell’epoca in cui è ambientato, con la conseguenza che il lettore non si sente affatto proiettato indietro nel tempo. Se, invece, accade il contrario, allora il libro diventa una vera e propria “macchina del tempo”.

Quanto è importante per la storia, non solo di Cavallino, ma d’Italia, la famiglia Castromediano?
La casata dei Castromediano ha dato tanto per l’Italia. Ha dato cavalieri gerosolimitani, abati, suore, vescovi e, soprattutto, la grande figura di Sigismondo Castromediano che il Paese conosce e riconosce tra i più grandi patrioti del Risorgimento italiano. Tra le tante figure si collocano, poi, quella di Francesco Castromediano e della consorte Beatrice Acquaviva d’Aragona, primi marchesi, sotto il cui marchesato Cavallino conobbe il primo focolaio di sviluppo.

In virtù delle ricerche d’archivio compiute per Il sigillo del marchese, ti senti un “inviato” nella storia della nostra terra?
Più che un “inviato” mi sento un curioso. La caratteristica delle mie ricerche è che puntano su quanto c’è di nascosto, di non conosciuto, sulle vicende che la grande Storia non conosce.

Come mai la scelta dell’argomento è ricaduta su don Francesco Castromediano (e non su, per esempio, Sigismondo)?
Non è stata una scelta, ma il desiderio di romanzare una storia realmente accaduta, avvolta in un alone di leggenda e che riguarda l’amore di don Francesco e donna Beatrice. Una storia della quale mi sono innamorato subito, appena conosciuta, e che ritengo sia giusto trasmettere a tutti. “Il sigillo del marchese”, tuttavia, non è un romanzo d’amore, a tratti è addirittura a tinte fosche, ma un romanzo che esalta un grande amore.

Quanto della storia di don Francesco è vera e quanto è frutto della tua fantasia?
Di vero ne Il sigillo del marchese c’è proprio la storia di don Francesco e di donna Bice. È questo il nucleo del romanzo, raccontato in un contesto che, seppure di fantasia, si rifà ad un fondo di verità storica. La lotta di potere di cui si parla nel libro non c’è mai stata ad esempio, ma c’è stata una vicenda di vendita del feudo da Sigismondo II nel 1583 a don Pietro Maremonti e di riacquisto da parte di don Ascanio Castromediano nel 1615. Da semplice contrattazione diventa, dunque, bramosia di potere.

Quanto ti ha facilitato nelle descrizioni e nella ricreazione storica la possibilità di visitare i luoghi?
Tantissimo. Visitare i luoghi è fondamentale per scrivere un romanzo storico: ti permette di avere un racconto più verosimile ma, cosa non certo di poco conto, ti trasmette grandissime emozioni.

All’interno del romanzo ci sono alcuni personaggi che, sebbene siano poco presenti, sono comunque fondamentali o risolutivi per la vicenda (vedi Gualtiero de Metz e Matilde). Perché questa scelta?
Sono i cosiddetti comprimari, come ci sono anche nell’opera lirica, ad esempio, e servono per creare un tessuto di vicende che, poi, confluiscono nel finale. Sono personaggi non protagonisti, ma che servono a tenere in piedi la storia: de Metz non è protagonista, ma sbriglia una matassa complicata; Matilde è una comprimaria, ma se non avesse rifiutato l’offerta di Ferrando non sarebbero scattati i meccanismi successivi che portano all’epilogo di don Pietro, e così via.

Leggendo Il sigillo del marchese ho avuto l’impressione che due personaggi così apparentemente diversi e opposti, il priore e Lupo, siano in realtà molto simili nell’animo. È solo una mia impressione?
No, non li vedo simili. Il priore è custode suo malgrado di segreti propri e altrui che gli danno inquietudine, ha un’autorità che gli viene dalla sua precedente condizione e da quella attuale di superiore. Lupo, invece, è un cattivo allo stato puro, non si redime ed è l’unico che in un certo modo non ha una  “fine”.

La vicenda di Puericina quale scopo ha all’interno della storia?
Purecina, secondo la tradizione popolare cavallinese, sarebbe realmente esistita. Ne parla anche Sigismondo Castromediano nel suo libro “Caballino”, sebbene non dica in quale epoca sia vissuta. A me è servita per parlare delle false credenze popolari legandola al morbo della peste e, perché no? Anche per dare un tocco di esoterismo al romanzo.

Premesso che la narrazione degli accadimenti è pregnante tanto da renderla vivida, la descrizione fisica dei personaggi, invece, è quasi velata. È voluto per lasciare spazio alla fantasia dei lettori o il motivo è un altro?
Ciò che importa maggiormente dei personaggi è l’aspetto psicologico, quello fisico serve solo a dare uno spunto alla fantasia del lettore per figurarseli. Magari qualcuno se li può immaginare anche simili a persone di propria conoscenza.

«Se il nostro oggi è un borgo florido, lo dobbiamo solo a questi due splendidi cuori. Caballino li ricorderà per sempre» (pag. 240). Tu credi che Cavallino abbia adempiuto a questa aspettativa?
È verità storica quella frase. I marchesi dotarono i cavallinesi di acqua potabile, di costruzioni, portarono benessere, furono amati e amarono il borgo, seppure gli screzi non mancarono. Cavallino ha adempiuto appieno a questa aspettativa, crescendo in cultura e benessere negli ultimi venti anni, tanto da aver avuto il titolo di “Città d’arte e di Cultura”.

Emanuela Boccassini