Intervista – Domande “sComode” a Chris Yan

Ispirato a “Le metropoli e la vita dello spirito” di Georg Simmel, “Blasè” è il nuovo disco, in nove tracce, di Chris Yan, ovvero Christian Mastroianni: sound artist, compositore, field recordist, bassista e poli-strumentista. Vi proponiamo l’intervista che ha rilasciato per AgorART.

-Ci puoi raccontare qualcosa in più sul tuo disco “Blasè”?

“Blasé” è un disco che è nato quasi per caso, in maniera totalmente inaspettata e tantomeno cercata. Le prime otto tracce che compongono l’album, sono tutti estratti di ore ed ore di improvvisazioni registrate tra il 2018 e il 2019. In quel periodo stavo attraversando, senza nemmeno troppo accorgermene al momento, un periodo davvero piatto e disinteressato; sopratutto verso il mondo esterno, ma anche proprio su ogni cosa mi circondasse. Di conseguenza, questo ‘non-approcciarsi’ alle cose, si manifestava come piaga anche sul mio percorso artistico e la mia ricerca. Condannandomi di fatto a passare ore a fissare ed ascoltare una patch creata con il mio sistema modulare. Senza voglia, interesse o stimolo alcuno di interagire con esso, lasciando questo compito alla casualità dettata dal calcolo randomico e probabilistico di alcuni moduli all’interno del sistema o, come in “Vernunft” , lasciare il ruolo di esecutore ad una pianta d’appartamento ( una Sansevieria Trifasciata per la precisione) attraverso dei sensori biometrici.
Ma fu soltanto sul fine estate del 2020 che, nel mio ‘archivio-memoria sonora’, ritrovo queste registrazioni accantonate mentre mi stavo occupando di tutt’altro. Riascoltandole attentamente e con un mood completamente diverso, trovai ci fossero spunti davvero interessanti e che sarebbe stato davvero un peccato se fossero rimaste solo un accumulo di dati.

-C’è un fil rouge che lega queste 9 tracce?

Sì. Trattandosi di un concept album, e quindi per definizione stessa, ha un concetto – un ‘idea – che accomuna e lega tutti i brani che lo compongono. Il tema principale ruota attorno ad una mia personale trasposizione e rilettura dell’individuo blasé, come descritto da Georg Simmel nel saggio “Le metropoli e la vita dello spirito”. Blasè è l’uomo della modernità che, sopraffatto da una
miriade di stimoli, si abbandona all’indifferenza più totale, al cinismo e all’apatia; condannandosi cosi ad un perenne stato di tepore e insensibilità. Quando nel 2020 riascoltai queste improvvisazioni, notai delle analogie comportamentali tra quello che vivevo al momento delle registrazioni e quelle descritte da Simmel. Dopo una rilettura di questo e altri saggi, ho deciso che ero nella direzione giusta per raccontare al meglio quel che avevo vissuto. L’album “Blasé” non è altro che un percorso, un racconto di questo terribile e temibile tepore, che man mano cede il passo ad un ritorno alla ‘normalità’. Fino al punto di sviscerarsi dall’apatia e cedersi completamente al sentimentalismo, e permettersi perfino il lusso della meraviglia; quella – a mio avviso – meraviglia più alta e maestosa… riconoscere la propria magnificenza.

-Quale significato c’è dietro la copertina del disco?

La copertina del disco è un opera del pittore Matteo Babbi dal titolo ‘sperduto 1’. Con Matteo, che oltre ad essere un artista che ho sempre stimato e con il quale ho collaborato in altre occasioni in passato, ci lega un amicizia ed un rispetto per il lavoro reciproco da molto tempo. Vidi per la prima volta quest’opera e il resto della serie, attraverso la sua pagina Instagram nel 2018. La trovai sublime, ma come già detto, era appena iniziato il mio periodo di distacco e disinteresse e quindi mi limitati solo a complimentarmi con l’autore e il discorso finì lì. Mi sono ricordato dell’opera mentre stavo lavorando ai primi tagli ed editing del disco nel fine 2020 e pensai che sarebbe stata perfetta come immagine descrittiva per l’intero. Originariamente, il senso dell’opera credo che sia un omaggio a Peter Pan, nella sua versione originale di James M. Barrie. Io ne apprezzo maggiormente il forte impatto visivo: la struggente e totalizzante inerzia di quell’essere, abbandonato a se stesso e privo dell’unico tratto distintivo che più lo differenzia e che, anzi umani, ci fa provare la già grande invidia… quello di poter volare. Ci tengo a dire che, dalla stessa serie, Matteo mi ha concesso anche l’utilizzo di ‘sperduto 2’ . Che rispetto alla precedente opera, si differenzia proprio per delle ditate di pittura dal color vivace: proprio per questo perfetta come copertina del terzo ed ultimo singolo estratto ‘Eppure, ricordo anche dei fiori sul tuo volto’ . Ultimo ed unico brano dell’album che non fa parte di quelle registrazioni ritrovate e con imprinting più “di facile ascolto” e dove cedo il passo completamente al sentimentalismo musicale.

-Come nasce la tua passione per la musica?

I miei primi approcci con la musica risalgono tra gli 11 e i 12 anni di età, ma è tra i 15 ed i 16 anni che si è manifestata come ragione imprescindibile di vita. Che da sempre, grazie alla mia curiosità, mi ha sempre indicato quali strade percorrere. Al principio come bassista e contrabbassista, per poi appassionarmi e vedendomi coinvolto con ogni oggetto/cosa che emettesse o includesse in sé un suono o un rumore: fino a portarmi ai miei ultimi anni di ricerca sonora dalla materia o registrando paesaggi sonori da usare come fonte sonora per le mie composizioni.

-Quali sono i tuoi artisti di riferimento?

Gli artisti musicali di riferimento sono sempre stati molti e molto differenti tra loro, alcuni mi hanno accompagnato nella vita solo in alcune fasi ed altri invece sono sempre ben presenti.
Tra questi ultimi , posso certamente dire che l’artista in assoluto che mi accompagna da più tempo e al quale devo sempre molto è Brian Eno. Ma allo stesso tempo nei dieci-dodici anni di attività come progetto solista si sono uniti alla ciurma maestri inarrivabili come John Cage, Pierre Schaeffer, Luc Ferrari, Terry Riley, Bernard Parmegiani, Robert Wyatt, Luciano Cilio… ma sicuramente (per fortuna o purtroppo) ce ne sono tanti al quale devo molto nel mio percorso sia come artista e sia come ascoltatore curioso. Ma devo molto anche al Cinema, all’arte visiva, alla letteratura e alla poesia… ed ultima, non per importanza, alle esperienze e accadimenti della vita; in qualsiasi delle mille forme esse si siano presentate a me.

Civins