Intervista – Domande “sComode” a Frank Martino/ Ylyne

Il messinese Frank Martino, chitarrista e compositore, è produttore del progetto di musica elettronica YLYNE con il quale pubblica tre album, l’ultimo dei quali del 2017, inaugurando la sezione elettronica dell’etichetta pugliese, Auand Beats. Di recente è uscito il brano “Dub Sickle”, che ho davvero apprezzato e ho proposto a Frank Martino una serie di domande per AgorART,che potete leggere in questa intervista.

Come nasce Ylyne?

Ciao, Giacomo e grazie.
Dopo aver iniziato a sperimentare la contaminazione tra musica jazz ed elettronica, mi sono avvicinato al mondo della club music e DJ-ing. YLYNE è il nome che ho utilizzato fin da subito per i DJ set, che a poco a poco sono diventati liveset, inizialmente con il solo computer fino ad arrivare, negli anni, all’utilizzo di synth, drum machine e campionatori.
La produzione musicale mi ha letteralmente “fulminato” in quanto, provenendo dal mondo della musica suonata in modo tradizionale, ha aperto un mondo di infinite strade non vincolate dallo strumento: hai la possibilità di partire da una sessione bianca e, senza schemi o gestualità precostituite, scrivere musica in modo diretto.
Ovviamente anche qui ci sono delle regole, tante, che vanno studiate e a volte trasgredite come in qualsiasi altro ambito, ma è un approccio diverso rispetto a quello dello strumentista, chitarrista nel mio caso.
Il producer, in studio e live, è più vicino ad un compositore o direttore d’orchestra, piuttosto che ad uno strumentista.

Come nasce il tuo singolo “Dub Sickle”?

In generale mi piace partire da ritmi o strutture più o meno tradizionali per poi stravolgerle e
renderle totalmente irriconoscibili, fatta eccezione per alcuni accenni o sonorità evocative.
In questo caso ero partito dal reggae/dub, musica che amo e ho approfondito nell’ultimo
decennio.
Senza entrare troppo in faccende tecniche e noiose, direi che i miei cardini sono il beat, il basso, un arpeggiatore e tanto caffè.

Cosa vuoi portare al pubblico con questo singolo?

Domanda complicata: non essendo legato a una cultura musicale tradizionale ben specifica, non posso ritenermi portavoce di messaggi o idee da portare al pubblico.
Direi che al momento mi limito a fotografare e comunicare un’istantanea di quello che mi va di fare in questa precisa fase della mia vita, considerando che in futuro, per quel che ne so, potrei decidere di pubblicare solo madrigali oppure droni, lunghissimi droni.

Parlaci un po’ di te, come nasce la tua passione per la musica?

Ho iniziato a suonare a quindici anni, affascinato dalla chitarra rock e tutti i suoi derivati; ho deciso di dedicarmi a studiare seriamente la musica a 21 anni, avvicinandomi al jazz e approfondendo per i dieci anni successivi solo quel tipo di linguaggio, lavorando molto sull’improvvisazione.
Nella mia famiglia non ci sono musicisti professionisti, ma ho avuto la fortuna di essere cresciuto circondato da musica e strumenti, quindi, pur avendo iniziato “tardi”, ho sempre giocato con chitarra, pianoforte, fisarmonica, tamburelli siciliani, marranzani… Sì, da piccolo, a Taormina, i miei genitori mi comprarono uno scacciapensieri, ce l’ho tuttora, ma sinceramente non ho ancora capito come si suoni sul serio.

Quali sono i tuoi artisti di riferimento?

Domanda bellissima, ma è troppo complicato per me rispondere avendo un’infinità di influenze.
Posso dire che in generale i miei riferimenti sono gli artisti che riescono ad arrivare al proprio
pubblico proponendo musica onesta e che, anche se all’interno di logiche di mercato, sia frutto di una propria esigenza personale.

Come vedi la musica in questo contesto socio culturale?

È un momento difficilissimo per i musicisti: le conseguenze le stiamo già vivendo e le vivremo.
A prescindere dalla sorte di ognuno di noi, la musica fortunatamente continuerà il suo percorso.

Civins