Intervista – Domande “sComode” a Ganoona

A fine gennaio scorso, Ganoona era uscito in radio con il suo singolo Cent’anni, brano urban-pop dai toni malinconici e sonorità latine che ha tutte le caratteristiche di una lettera d’amore/odio destinata a un “traditore”. Noi di AgorArt abbiamo voluto intervistarlo.

  • Come nasce “Cent’anni”?
    Nasce, come tutti i miei pezzi, da un esperienza personale. Per la prima volta nella mia vita mi sono sentito veramente pugnalato alle spalle, e avevo la necessità di buttare fuori queste sensazioni. Spesso scrivere mi aiuta a capire meglio quello che mi succede, e ad andare avanti.
    Musicalmente invece siamo partiti da un campione di chitarra di un brano tradizionale brasiliano, da li abbiamo costruito tutta l’impalcatura dell’arrangiamento, che però rimane molto minimale.
  • Si parla di un tradimento, di una serpe in seno, e siamo freschi dell’atmosfera di Sanremo, è il tema dell’amicizia tradita ci può far pensare a Morgan e Bugo. Pensi che l’ambiente della musica sia tendenzialmente competitivo e che non ci possa essere una reale fiducia tra colleghi?
    Credo che la competizione e le “serpi in seno” ci siano in tutti gli ambienti, però sicuramente nella Musica bisogna avere davvero gli occhi sulla nuca per guardarsi le spalle. È un ambiente dove non c’è formalità, tutto è colloquiale, ed è facile scambiare dei sorrisi e anche degli abbracci per amicizia o affetto. L’ho imparato a mie spese. Citerei Marracash, che nel brano “Trappole” dice: “Quanti eran’ finti amici, e stavano per riuscirci. Alcuni sono finti amici professionisti”.
  • Se si dovesse presentare l’occasione con chi ti piacerebbe duettare?
    In Italia mi piacerebbe collaborare con Joan Thiele. Anche lei ha origini latine e mi piace molto il suo mood e la sua voce. Se dovessi guardare fuori dall’Italia ti direi Rosalìa.
  • Da dove arriva la tua passione per la musica?
    L’ho sempre sentita. Da bambino avevo difficoltà a restare concentrato e fermo, all’epoca non si usava fare diagnosi, ma probabilmente se fossi bambino oggi mi definirebbero come iperattivo e con deficit dell’attenzione. Ascoltare la musica era l’unica cosa che riuscivo a fare per più di 10 minuti. Poi la musica ha sempre fatto parte della mia famiglia: mio padre suonava la chitarra e metteva moltissima musica in casa, mia mamma ha sempre cantato in diversi cori, anche quando era incinta di me. Addirittura mio bisnonno fu quasi rinnegato dalla famiglia per seguire la sua passione per la musica, e diventò compositore e direttore della banda del paese. Quindi diciamo che la musica fa parte di me e delle mie radici.
  • A quando l’uscita del disco?
    Non posso ancora dire una data, ma sicuramente i singoli che usciranno nei prossimi mesi confluiranno in un EP.
  • Sei italo-messicano, quanto le due culture si fondono nel tuo progetto musicale?
    Spero sempre di più. La mia è una ricerca musicale proprio sulla contaminazione. All’inizio del mio percorso musicale, legato all’ambiente Hip Hop underground milanese, il mio “lato italiano” prevaleva su quello messicano, che rimaneva in silenzio . Nel 2017 ho pubblicato un EP in lingua spagnola con un etichetta messicana e l’ho portato in tour nel centro e sud del Messico.
    Finalmente parlava anche l’altra metà di me. Però, al ritorno, qua in Italia nessuno la poteva capire. Da qui nasce in me l’esigenza di creare una “Musica Ponte”, una musica che nasca dalla commistione delle due sonorità, italiana e latina, e delle due lingue. Una musica che fosse l’espressione finalmente di tutto me stesso. Il mio ultimo singolo “cent’anni” è il primo episodio di questo nuovo percorso.
  • C’è un artista in particolare a cui ti ispiri maggiormente?
    No, non uno o una in particolare. Ci sono sicuramente degli artisti che mi hanno influenzato molto, e che ancora sono fonte di stimolo e ispirazione, ma non ho un unico riferimento. Tra questi citerei Lucio Dalla, Otis Reddings, Dargen D’Amico, Calle 13, e molti altri…

Civins