Intervista – Domande “sComode” a Giovanni Carnazza

Esce oggi, 19 marzo 2021, il nuovo singolo di Giovanni Carnazza dal titolo “Come poche cose al mondo”, fuori per Le Siepi Dischi (distribuzione Believe International), un brano che porta la doppia firma dello stesso Giovanni e della cantautrice napoletana Lena A. E noi di AgorART lo abbiamo intervistato.

-Come è nato il tuo singolo “Come poche cose al mondo”?

La nascita di una canzone per un artista è qualcosa di molto particolare e soggettivo. Ho sentito le storie più disparate al riguardo e questo mi ha fatto capire quanto ogni artista sia diverso nel (ri)comporre le proprie emozioni. In questo caso particolare, la nascita è stata veloce, quasi ineluttabile. Avevo delle idee in testa. Stralci di melodia e testo che ho inviato a Lena A. e che lei ha rielaborato. Il risultato è struggente, essendo testimone dell’intreccio di due mondi emotivi molto complessi e sensibili. Dentro il brano c’è tutto quello che sono e le poche cose al mondo che voglio in tutti i modi preservare. Tra tutte, anche la mia umanità perché troppo spesso mi sono sentito estraneo al mondo, come se abitassi un pianeta diverso dal resto delle persone.

-Che ruolo ha avuto Lena A. nel brano?

Forse sarebbe meglio dire che ruolo ha avuto Lena A. nella mia vita. Tante delle cose che ho deciso di intraprendere da poco più di un anno a questa parte sono, infatti, nate direttamente o indirettamente proprio dalla collaborazione con lei. Per tornare alla domanda, il brano è stato scritto a metà in un rimbalzo di parole, melodie e arrangiamenti; quindi, risponderei “fondamentale”. Con Lena A. è nata una collaborazione su più livelli ma anche una profonda amicizia che ci lega in ogni passo che singolarmente compiamo. D’altro canto, è raro che due persone si trovino sullo stesso piano di comunicazione, che si comprendano così bene e profondamente. Da qui al passare a lavorare alla musica il passo diventa più che naturale. Mi fa strano anche chiamarlo lavoro perché tutto accade in maniera talmente fluida che mi sento quasi di definirlo un esito scontato del nostro quotidiano confronto, umano e professionale.

-Cosa ti ha lasciato questo periodo di lockdown?

All’inizio speravo che questa emergenza portasse con sé il germoglio di una consapevolezza diversa, più piena e profonda dell’esistenza. In realtà, mi accorgo oggi che così non è stato da un punto di vista sociale ma, per quanto mi riguarda, quello che è passato è stato un anno che mi ha messo di fronte tante scelte e tanti mostri da affrontare. Non sono scappato e ho deciso di
affrontarli e oggi mi sento più forte e centrato di prima. La resilienza è un concetto forse troppo abusato e poco capito fino in fondo ma penso che sia chiave per ognuno di noi lavorare su noi stessi in modo da farci trovare più forti di fronte alle intemperie che la vita naturalmente porta con sé. Lavorare su noi stessi è la cosa più difficile al mondo ma forse l’unica guerra che vale davvero vincere, direbbe la mia psicoterapeuta, ed è una frase che non mi potrebbe trovare più d’accordo. Ha poco senso lamentarsi dell’altro e di ciò che sta al di fuori del nostro controllo. Possiamo soltanto lavorare su ciò che siamo e su chi vogliamo diventare e questo anno ha rappresentato per me davvero un momento di confronto profondo con ciò che avevo dentro e che
avevo paura di affrontare. Ogni crisi porta a una rinascita e ciò che la vita ci pone davanti come
ostacolo mi piace interpretarlo come una costante opportunità di crescita.

-La musica può essere considerata una cura?

Su questa domanda ti rispondo su un duplice livello, uno complessivo e uno più propriamente soggettivo che trae spunto dalla mia esperienza personale. In generale, ritengo che qualsiasi espressione artistica abbia un potere curativo. Alla domanda del perché scrivesse solo cose tristi, Luigi Tenco rispose: “perché quando sono felice, esco”. Ecco, in questo senso, mi sento di dargli
totalmente ragione. Ritengo ogni forma d’arte un modo per esorcizzare e capire il nostro vissuto e, il più delle volte, il vissuto che abbiamo bisogno di tirare fuori e raccontare affonda le radici in una nostra dimensione più intima e sofferente. La musica è, quindi, una “cura” per definizione. Per quanto riguarda, invece, il livello personale, la musica ha rappresentato e rappresenta per me davvero una forma di guarigione. Nel momento più buio della mia vita, che è stata segnata e continua a essere segnata da importanti problemi fisici di dolore, la musica è venuta a prendermi, regalandomi una visione diversa della vita, più alta, mi verrebbe quasi da dire, e slegata rispetto alla mia sofferenza corporea. In un bellissimo film Pixar “Soul” che vede protagonista la musica ma, in un senso più ampio, lo scopo stesso dell’esistenza, parlano di alcuni momenti in cui ci si
astrae completamente dal mondo reale, entrando in una sorta di bolla che ci protegge e ci porta su un piano diverso e al di fuori dell’esperienza terrena. Tutte queste righe per dire che sì, la musica può assolutamente essere considerata una cura.

-Quali sono i tuoi artisti di riferimento?

Ho la fortuna di aver vissuto diverse mode musicali. Sono partito dagli Oasis (in Italia, avevamo il nostro Liam nella figura di Daniele Groff che pubblicò un disco ancora oggi meraviglioso “Variatio 22”, il primo che ho comprato) per poi passare attraverso sound più oscuri come quelli dei Nirvana, dei Muse ma anche dei Marlene Kuntz e dei Verdena. Poi sono arrivati gli Strokes e gli
Arctic Monkeys a stravolgere il rock di quegli anni ma ciò che mi ha colpito e cambiato davvero sono le sonorità elettroniche nate in Italia con la nascita della band I Cani. Da lì, l’amore per un certo tipo di elettronica è stato immediato. Ora ascolto prevalentemente sonorità di questo tipo: per citare alcuni artisti internazionali, ti direi the Daughter, AURORA, Lorde e i CHVRHCES; in Italia, invece, senza dubbio La Rappresentante di Lista che ormai sta emergendo dal mondo emergente.
GINEVRA è senz’altro un altro progetto che sto seguendo con molta passione. In tutto questo sicuramente i Radiohead hanno sempre fatto da collante a tutti i momenti musicali e non della mia vita.

-Quali sono i tuoi progetti futuri?

Da qualche anno ho abbracciato la filosofia del vivere giorno per giorno senza farmi risucchiare dal passato e senza farmi schiacciare dal futuro. Insieme a persone che stimo e a cui voglio molto bene, ho creato quella che ritengo essere una bellissima e sana realtà discografica (l’ennesima, come amiamo definirci), Le Siepi Dischi. I miei sforzi sono principalmente indirizzati nel far crescere insieme a loro questa realtà. Poi ho anche il piacere e l’onore di accompagnare in veste di
produttore musicale l’uscita del primo album di Lena A., cosa che mi emoziona quasi più dell’uscita di una mia canzone o di un mio album. Questo accade di notte. Di giorno sto seguendo il sogno di una carriera accademica. Sono ricercatore universitario in economia e spero piano piano di poter dire sempre più la mia.

Civins