Intervista – Domande “sComode” a Indigo

Indigo – Giorgio Maria Duminuco, all’anagrafe -, è un cantautore emergente indipendente di Torino, nato e cresciuto in Sicilia. È uscito il 6 novembre il suo nuovo singolo dal titolo “Cose da risolvere”, che ho molto apprezzato e ho voluto intervistarlo per AgorART.

Come nasce Indigo?

Ciao Giacomo, ti ringrazio. Sono felice che il brano ti sia piaciuto!
Indigo è un progetto relativamente giovane, ha circa un anno. In passato avevo già avuto diverse esperienze musicali in altri progetti, ma tutti di brani già editi. Ad un certo punto è stato proprio necessario per me scoprirmi ed espormi, e l’unico modo che avevo per farlo era quello di scrivere dei brani interamente miei. In questo modo avrei potuto esprimere quello che sentivo nel modo in cui mi era più congeniale, senza dover per forza restare imbrigliato in obblighi di genere.
E così è nato Indigo, un progetto dove la contaminazione musicale tra nusoul, indie e pop è il punto di partenza.

Come nasce il tuo singolo “Cose da risolvere”?

Io non ho mai amato la domenica, è un giorno che non riesco ad apprezzare sin da quando ero piccolo. E’ un giorno un po’ ingannevole perché se da un lato ti da la possibilità di riposare e di goderti del tempo per te stesso, in un attimo può tramutarsi in un giorno lentissimo che fatica a scorrere e lasciare il posto a quello successivo.
Ho sempre vissuto la domenica con un grande senso di sospensione, molto spesso ben poco piacevole. E in questo tempo, lento, spesso finisco per fare un po’ il punto della situazione, della settimana o più in generale del periodo, ed è lì che mi vengono in mente tutte le cose in sospeso che ho ancora da risolvere.
Questo singolo nasce proprio così, in una di quelle domeniche, dove la sensazione di disagio domenicale era così forte da dover essere espressa ed esorcizzata.

Cosa vuoi portare al pubblico con questo singolo?

Come avrai capito nei miei brani parlo sempre di aspetti della mia vita quotidiana ed in “Cose da risolvere” questo è molto evidente. Mi piace l’idea di condividere le proprie esperienze ed il proprio sentire con le persone che ti ascoltano. A mio avviso non è per forza necessario che un brano veicoli un messaggio specifico, perché a volte è molto più interessante anche solo riuscire a condividere uno specifico mood, uno stato d’animo che possa essere riconosciuto nel vissuto anche di chi ti ascolta e che possa di conseguenza farci sentire in qualche modo più vicini gli uni con altri.

Credi che la musica possa aiutare in questo periodo così complicato?

Come l’esperienza ci insegna la musica è da sempre stata un ottimo strumento terapeutico nei momenti di crisi, sia per chi ne è fruitore che per chi ne è creatore. Come dicevo prima uno degli elementi più importanti della musica è quello di accrescere un senso di comunione e di vicinanza con qualcuno perché quando ascoltiamo qualcosa che ci piace possiamo affermare con certezza che almeno un’altra persona al mondo si trova in una condizione di vicinanza intellettiva o emotiva con noi: proviamo cose simili e quindi ci sentiamo meno soli.
In un momento così difficile come quello che stiamo vivendo, dove tutto è incerto e la sofferenza crea separazione, sentirsi meno isolati può essere un enorme alito di vitalità.

Quali sono i tuoi artisti di riferimento?

Ho avuto la fortuna di crescere in un ambiente familiare dove si è sempre ascoltata tanta musica e così sono cresciuto a pane e cantautori della vecchia scuola (impossibile non citare Fabrizio De André e Francesco Guccini ad esempio). E’ stato sicuramente un ottimo imprinting perché ho avuto modo sin da subito di capire quanto sia fondamentale riuscire ad avere contenuto in ciò che si dice. Come ha più volte affermato Carmen Consoli “quando non si ha nulla da dire meglio stare in silenzio”.

Sempre nel panorama italiano ci sono vari artisti contemporanei che stimo molto e che sono stati di grande inspirazione per me, artisti che a loro modo hanno mantenuto viva una parte di cantautorato cambiandone i connotati e adattandoli a quelle che sono le necessità espressive di questo tempo. Levante è una di queste, testi decisi, metriche brillanti e immagini molto evocative. Anche Frah Quintale è uno di questi, contesto diverso, mood diverso ma anche lui di grande valore e freschezza.

E poi ci sono musicisti come Serena Brancale e Ainé, i quali sono sempre una bella fonte di ispirazione per quel che riguarda la black music in Italia. Ah, ultimamente sto apprezzando moltissimo anche Venerus.

Come ti vedi da qui a cinque anni?

I pronostici su quel che succederà in futuro non sono mai stati il mio forte, nel senso che sono così abituato a tenere aperte sempre mille porte in ciò che faccio che è difficile riuscire a credere più o meno in una delle strade che ho davanti.
Sicuramente mi piacerebbe vedere crescere in questi cinque anni il progetto, riuscendo ad arrivare ad un pubblico sicuramente più ampio. Non ti nascondo che l’idea di potermi ritrovare su un palco come quello dell’Ariston a Sanremo tra le nuove proposte mi stimola moltissimo a proseguire al meglio in questo percorso.

Civins