Intervista – Domande “sComode” a Luframilia

“Migliaia di Frammenti di Luce” è il titolo che Luframilia – nome d’arte del reggino Davide Bolignano – ha scelto per il suo album d’esordio come solista. Un disco frutto del lavoro di anni che ha visto il suo coronamento con l’uscita il 20 novembre. Conosciamolo meglio in quest’intervista rilasciata per AgorART.

Come nasce Luframilia?

Luframilia nasce per la necessità di racchiudere i brani che scrivevo dentro a un vero e proprio progetto musicale. Luframilia è un nome d’arte, certo, ma l’ho sempre visto come contenitore di fruizione e condivisione. Crescendo, mentre suonavo la chitarra e scrivevo anche per altri progetti, mi sono reso conto che c’erano dei pezzi che sentivo particolarmente “miei”, ho semplicemente cercato di sperimentare sul desiderio di mettermi in gioco al 100%, di provare a cantare come lead vocalist per la prima volta nella mia vita, e mi sono addentrato nel mio mondo interiore, l’ho assecondato un po’ di più, e ho cercato di incanalare tutto verso le atmosfere che mi attiravano di più, modellandole per la “dimensione pubblico”. Anche se è stato un processo dʼincubazione lungo, con anni di rimuginamenti e indecisioni, il progetto vero è proprio è uscito nel 2019: quindi molto recente, con il mio primo singolo L’eremita postmoderno.

Come è nato il tuo disco“Migliaia di frammenti di luce”?

Avevo una ventina di brani, dai quali ho estratto quattordici tracce, su cui ho deciso di mettermi al lavoro. L’album come forma d’arte, da fan, mi ha sempre affascinato molto, e nonostante più gli anni vanno avanti e più i full length nel veloce mondo social risultano sempre più impopolari, ho cercato di non farmi troppo influenzare da questo meccanismo e realizzare quello che sognavo nella forma che volevo. Ho presentato le tracce a un mio caro amico sound e mix engineer di Reggio Calabria, Alessio Mauro, e abbiamo iniziato un lavoro di produzione e registrazione, molto organico e naturale alla fine: sapevamo il suono che ci piaceva tirare fuori, e dopo le innumerevoli ore passate in studio, gli ascolti, i mix… sono davvero fiero del risultato; spacca, è qualcosa di gigante e piccolo-interiore allo stesso tempo!

Cosa vuoi portare al pubblico con questo disco?

Mentre faccio un album o una canzone, cerco sempre a un certo punto di estraniarmi dalla coscienza di essere il genitore del mio lavoro, e mi ritrovo a farmi un giro di ascolti, cercando di immedesimarmi nelle altre persone, riflettendo come potrebbero percepire la mia canzone. Lo so, è un po’ folle,ma questo mi aiuta a mettere a fuoco gli aspetti secondo me più condivisibili, o il contrario, con un possibile ascoltatore. Penso che in Migliaia di Frammenti di Luce ci siano molti aspetti, influenze musicali a me care, spunti di riflessione, e quello che mi piacerebbe di più trasmettere al pubblico: è una sensazione! Scatenare un sentimento in chi ascolta, stupore emozionale, magari per quel determinato passaggio musicale, o per quella frase cantata in quel punto, creare un legame e un affetto per certi dettagli. Mi sento anche di dire che nonostante sia un album in tanti tratti “cupo”, è anche un disco alla ricerca di una certa resilienza, e mi piacerebbe arrivasse anche questa disillusa nascosta positività nell’ascoltatore.Saranno i tempi difficili e distopici che stiamo vivendo, ma c’è bisogno di speranza!

Parlaci un po’ di te e della tua passione per la musica.

Penso che se non fosse capitato di innamorarmi delle canzoni dei Green Day a 15 anni, oggi non avrei fatto canzoni mie, e la musica non sarebbe stata un elemento così importante nella mia vita. Mi hanno aperto un mondo musicale, ho imparato tante cose, e ho avuto un’irresistibile voglia di provare a strimpellare una chitarra. Sono sempre stato un fan della musica che mi piace, penso che sia davvero bello avere la possibilità di voler bene alle canzoni… perché sì, alla fine gli vuoi proprio bene!

Nel tuo album si gioca sulla dualità e i contrasti, prova a usare lo stesso criterio per descrivere la tua musica, il mondo musicale di “ieri” e quello dei giorni nostri.

Sai, riflettendoci, una volta che avevo già finito di registrare l’album, mi sono accorto proprio del fatto che anche la sua parte musicale poteva essere perfettamente specchio del suo significato concettuale! Riesco a spiegare un po’ il disco come il tentativo di attraversare un viaggio di sfumature tra due estremi, due poli opposti. E questo effettivamente ha trovato una naturale congruenza anche a livello strumentale: ad esempio troviamo come un rincorrersi di parti potenti, ritornelli incalzanti ed epici, con parti “più chiuse”, strofe più introspettive, finali più intimi e minimalisti, parti più in penombra di resistenza, ma che sono sempre contraddittoriamente in lotta con una rabbia accesa e pronta a straripare. E questo, tornando alla domanda, è anche riflesso tra gli estremi della musica di ieri e quella di oggi, dove io non vedo due parti opposte del tutto (cioè che il vecchio è destinato a morire e il nuovo a continuare), ma osservo una connessione tra le parti, dove il vecchio è ancora oggi influenza essenziale e viscerale per il nuovo. Il nuovo infondo è trasformazione, e non si deve per forza criticare a prescindere, essere snob verso i nuovi fenomeni musicali, perché forse nella continua ricerca della verità la si può
trovare solo da qualche parte nascosta nel mezzo!

Civins