Intervista – Domande “sComode” a Urban Fabula

“Movin’” è il nuovo album della formazione degli Urban Fabula, composto da 8 brani dei quali sette cofirmate dai tre componenti della band: Seby Burgio (pianoforte), Alberto Fidone (contrabbasso) e Peppe Tringali (batteria). In quest’intervista che hanno rilasciato per AgorART lasciamo che siano loro a raccontarsi.

Come nasce il vostro disco “Movin’”?

“Movin’” è il secondo lavoro interamente a nostro nome. Il primo omonimo “Urban Fabula” è stato pubblicato nel 2011. Da allora, oltre alla attività concertistica, abbiamo partecipato alla realizzazione di diversi prodotti discografici in collaborazione con altri artisti.
Abbiamo lavorato alacremente a questo nuovo disco cercando di curare al meglio tutti gli aspetti, da quello strettamente musicale, compositivo ed esecutivo, a quello editoriale con tutto ciò che ne comporta. Riuscire a far partire questa enorme macchina, conciliando tutti i nostri impegni non è stato semplice. Tutte le scelte operate sono state condivise e pensate per sostenere il futuro del disco e la sua promozione.


Essenziale è stata la presenza del nostro amico, ingegnere del suono e co-produttore Riccardo
Samperi con TRP Music, quarto uomo del trio, che ha reso poesia i suoni, riuscendo a confezionare sapientemente le nostre più intime emozioni all’interno del disco. La realizzazione di “Movin’” ha rappresentato per noi una ulteriore opportunità di crescita, così come i suoi tempi di maturazione. In altre parole, non abbiamo voluto barattare l’autenticità di quello che desideravamo esprimere, con la fretta di doverlo fare per forza.

Cosa volete portare al pubblico con questo disco?

Vogliamo raccontarci attraverso la nostra musica e condividere, con chi ci ascolta, la gioia di fare questo bellissimo mestiere. Ci piacerebbe portare al pubblico un po’ di curiosità, leggerezza e bellezza; lo stimolo ad una ricerca personale di emozioni intime e suggestive. “Movin’” rappresenta lo specchio di quello che siamo oggi come artisti e come persone, un filtro che in maniera privilegiata ci consente di manifestare, attraverso la nostra estetica e gusto musicale, tutta la nostra gratitudine.

Quale brano sentite più vostro e perché?

In realtà ogni brano rappresenta un tassello essenziale all’interno del concept dell’album. È come se ci fosse una narrazione che, legando tutti gli elementi del puzzle, ci ha sempre aiutato a sognare. La costruzione compositiva a quel punto diventa una conseguenza, una traduzione di
stati d’animo e di immagini che poi si susseguono in musica. Alcuni dei brani del disco sono fortemente condizionati da tutto questo processo creativo e ognuno di essi avrebbe bisogno di una trattazione a parte.
Rispondendo nello specifico alla tua domanda, sceglieremmo il brano Cubanito che abbiamo deciso di proporre come “singolo” in promozione radiofonica all’uscita del disco. Il nome, preso in prestito da un vero e proprio cocktail cubano ma con ingredienti caratteristici della nostra terra, ci vuole suggerire un vero e proprio mix, una mistura di ritmi e sonorità, di gioco e ricerca, una
sintesi dei nostri personali background musicali, dal jazz al ritmo cubano attraverso una metrica dispari e inusuale.

Parlateci un po’ di voi, della vostra musica, i vostri artisti di riferimento.

Abbiamo cominciato a suonare insieme in diverse formazioni e progetti nel 2008 circa. Nel 2010 decidemmo di far partire questa avventura in trio. Da allora tutto ha avuto una inevitabile e naturale evoluzione.
Il primo disco a nostro nome, citato in precedenza (omonimo, “Urban Fabula”, del 2011) risente di quella sana irruenza giovanile e la voglia di mettersi in gioco. Ci sono talmente tanti spunti compositivi – caratteristica che secondo noi non abbiamo perso negli anni, ma semplicemente imparato a gestire – che avremmo potuto, da quel disco, comporne almeno altri due!


Oggi ci poniamo di fronte alla musica senza bisogno di dovere dimostrare, liberi dall’ansia da prestazione che non fa altro che offuscare il vero obbiettivo: essere veri fino al midollo, con pregi ma soprattutto difetti, donandosi al pubblico con tutta la generosità possibile.
L’idea è quella di scrivere dei brani che soddisfino in primis il nostro senso creativo ed emozionale. La cura per gli aspetti tecnici cioè, deve sempre essere funzionale alla “pancia”, al significato più intimo ed autentico, alla sincerità di essere quello che sei e non la tua proiezione.
Ognuno di noi ha portato nel trio le proprie influenze musicali e sicuramente ci siamo ispirati ai suoni di trio più moderni come ad esempio i Bad Plus o l’Esbjorn Svensson trio senza trascurare gli esempi immortali del trio dal quale crediamo tutti abbiamo preso insegnamento come quello di Bill Evans, Keith Jarrett, per arrivare al trio di Brad Mehldau. Venendo tutti e tre da un’estrazione classica, è stato quasi fisiologico inserire sonorità percussive classiche attraverso la batteria, pianismo classico e il suono dell’archetto oltre che quello tipico del pizzicato. Ma le nostre esperienze oltre la classica vanno dal pop al funk, dal blues al soul e quindi abbiamo voluto estendere le sonorità grazie all’uso di effetti, percussioni e in un paio di brani il piano elettrico ispirandoci a grandi musicisti come Chick Corea, Herbie Hancock, Joe Zawinul e molti altri.

Come vedete la musica in questo contesto socio culturale?

La trattazione dell’argomento suggerito dalla domanda risulta essere molto vasta di per sé, a maggior ragione in considerazione del periodo storico che, nostro malgrado, stiamo vivendo.
La musica e l’arte in genere rappresentano un veicolo unico di comunicazione, un contenitore dove l’anima di un popolo trova motivazione e sollievo; potremmo continuare quasi all’infinito con metafore concettose e stilnoviste. L’Italia ha il triste primato di essere il paese Europeo che investe meno nel comparto artistico, nonostante la sua predisposizione naturale -e quella dei suoi abitanti- a tutte le forme artistiche. Continuando con le figure retoriche diremmo che in questo
ambito (ma non solo) sembra che il nostro bel paese viva di ossimori!
Questo periodo della pandemia in particolare ha sicuramente segnato e cambiato profondamente le nostre abitudini, come uomini e come artisti, decimando tutte le nostre attività. Il colpo più pesante è arrivato con la chiusura e le restrizioni riguardanti i teatri ed i luoghi pubblici, ambienti principali di lavoro per noi musicisti. Non ci è dato sapere quello che ci riserva il futuro, ma mai come adesso i musicisti e gli artisti in generale possono avere un ruolo sociale. Il nostro progetto è
riuscire a portare “Movin’” in giro, quando le condizioni socio-sanitarie lo consentiranno, cercando di regalare un sorriso e buona musica: tornare a godere delle performance dal vivo come antidoto e come rimedio naturale alla paura, all’alienazione ed a tutte le altre inevitabili conseguenze che la pandemia ha generato.

Civins