Avevamo conosciuto Monica Rizzello Bortone già in gara per il primo Contest dello scorso anno, dove era giunta alla seconda fase di selezione, ritorna sulla pagine di AgorArt, con un nuovo racconto “La Brunese” per partecipare al “Salento in Love 2017 – C’era una volta… in Terra d’Otranto”.
La Brunese
di Monica Rizzello Bortone
La Brunese, mi chiamavano gli uomini del villaggio vicino alla palude.
So bene che evitavano di nominarmi, ma quando vi erano costretti, al mio nome si accompagnavano sputi e, immancabilmente, il segno della croce. Di me dicevano che apparissi all’improvviso, ma questo era dovuto al mio passo leggero; non ero poi così diversa dalle loro mogli e dalle loro figlie.
Ogni manifestazione della Natura mi era ugualmente cara, e tra gli uomini, mi interessava solo un monaco incontrato durante i miei vagabondaggi.
Non sapevo ancora che era stata la sua solitudine ad attirarmi.
Eravamo semplicemente due esseri liberi di parlare di qualunque argomento, di domandarci cosa significassero le miriadi di stelle che ogni notte illuminavano i nostri pellegrinaggi accanto al mare.
Mi trasmise il suo sapere, nutrendo una curiosità che non sapevo di possedere.
Servendomi di antichi testi che l’uomo conservava nella grotta eletta a sua dimora, fui in grado di proseguire autonomamente i miei studi di astronomia e quel miracolo che deriva dall’incontro tra la medicina e la magia. Né pioggia né vento potevano fermarmi, e come poteva essere diversamente, dato che ero nata in una notte di tempesta e di luna piena?
– Non c’è altro che io possa insegnarti – egli mi disse un giorno – Io ti ho mostrato ciò che era già dentro di te. Sai molte cose, e ancora imparerai lungo il cammino. Hai una bellissima mente, svelta e curiosa.
Usala sempre per fare del bene, e stai lontana dagli uomini, hanno paura di ciò che non conoscono. Se ti avvicini ad essi, ti farai male.
Egli era stato un abile maestro, e mi aveva sempre spinta a sperimentare gli effetti delle erbe che raccoglievo. Scoprii così che il crespigno serviva a ristorarmi dall’afa, l’acetosella fugava la febbre, l’aloe era una manna contro le scottature.
La ricerca delle erbe mi spingeva nei pressi del villaggio, e gli uomini se ne accorsero.
Mai fui sfiorata dalla tentazione di stringere amicizia con essi, non amavo il fatto che ovunque andassi, tutti sembravano conoscermi; ma iniziai a chiedermi se non fosse giusto offrire al prossimo le mie capacità di guaritrice, preparando sciroppi con le erbe, spalmando unguenti sui corpi dilaniati dalle malattie e ristorando gole arse dalla sete.
Il monaco mi lasciò fare: – Non posso costringerti. La vita è tua, fa quel che vuoi. Sai bene che non sarò mai d’accordo, ma non posso impedirti di soddisfare la tua curiosità: per te, questo è vivere!
Mi piaceva recarmi nella mia grotta, un luogo ricco di chiare, fresche e dolci acque che mi ristoravano ogni volta che mi ci bagnavo. Sulle pareti avevo inciso delle formule di ringraziamento rivolte alla Madre Terra, che mi donava gli strumenti per fare del bene.
Ma le parole del monaco non tardarono a realizzarsi, quando, un giorno, venni fermata da due uomini sconosciuti.
[…] N.b. Come da regolamento, il racconto (in fase di selezione) non sarà pubblicato integralmente, bensì messo online solo l’incipit.L’autrice – Monica Rizzello Bortone
È nata a Taranto nel 1991, laureata in lettere moderne, attualmente studia scienze dell’Informazione editoriale, pubblica e sociale all’Università di Bari. La potete sempre trovare impegnata nella lettura, nella scrittura, e nella visione di qualunque programma di Alberto Angela. Le sue origini salentine l’hanno ispirata – e spinta – a mettersi alla prova con questo racconto, il primo ad essere pubblicato.
Approfondimenti: per conoscere le leggende del Salento
In una notte di luna piena,nelle paludi di Torre dell’Orso, dall’amore tra Vento e Pioggia, venne al mondo la Brunese, selvaggia fanciulla dal profumo di bosco e con lo spirito del mare al tramonto. Solitaria e coraggiosa la si vedeva emergere dalle acque dell’Adriatico, come una splendida ninfa dai lunghi capelli neri. E proprio per quella sua meravigliosa chioma corvina venne battezzata Brunese. Di schietta d’intelligenza, fu iniziata allo studio delle leggi del cielo e alle arti delle sagge “erbane”, erboriste curatrici.
La fama della splendida silfide che si aggirava nelle foreste di Roca si diffuse in fretta: lei curava il prossimo, raccoglieva radici, offriva pozioni consolatrici, finché la meschinità dell’ennesimo signorotto rifiutato si abbatté sulla fanciulla. La sua bellezza e bontà erano ormai diventata fonte di invidia e rancori che le causarono un accusa di stregoneria che fu discussa nel 1587 sul Banco del Vicario della Santa Inquisizione. La “masciara” Brunese dapprima tentò la fuga per consegnarsi infine spontaneamente ai suoi persecutori. La menzogna dei capi d’accusa che le rivolse, istigarono però la sua vendetta e maledisse quella terra: con la sua profezia, la fanciulla scomparve e Roca Nuova fu falciata da una terribile epidemia di malaria e abbandonata.
Passarono gli anni e la misteriosa Brunese e la sua profezia vennero dimenticate, finché il giovane figlio di un mezzadro, divertendosi a inseguire le api, giunse al loro alveare e ne assaggiò il nettare. Allora sentì un canto di donna. Era la Brunese. Il ragazzino corse dai genitori e li condusse nel bosco. Lì nacque il primo insediamento da cui ebbe origine Meledugno.
*La grafica della cover è a cura di Dora Foti Sciavaliere.