Andrà in onda lunedì 26 febbraio su Rai1, La mossa del cavallo – C’era una volta Vigata, scritto da Andrea Camilleri e diretto da Gianluca Maria Tavarelli. A parlarne è lo scrittore siciliano in persone nello spot della pellicola che avrà come protagonista Michele Riondino, già interprete de Il giovane Montalbano.
Si tratta di un western siciliano ambientato nel 1877, ma allo stesso tempo attualissimo. “Alla fine dell’Ottocento – spiega il regista Tavarelli – la Sicilia era per l’Italia una sorta di Far West, una terra di nessuno, costellata di banditi, malfattori, gente abituata a farsi giustizia da sé. È con questo in mente che ho cominciato a pensare che il western fosse il genere più adatto per raccontare questa storia. Il romanzo di Camilleri, ‘La mossa del cavallo’, è un film sulla connivenza che legava i governanti e i gendarmi dell’epoca ai potenti di allora, racconta di un’Italia divisa in due, sia politicamente che linguisticamente. Una storia, quindi, che riguarda da vicino l’Italia di oggi”.
Nel cast Ester Pantano, Cocò Gulotta, Antonio Pandolfo, Giovanni Carta, Giancarlo Ratti, Maurizio Puglisi, Filippo Luna, Maurizio Bologna, Domenico Centamore, Giuseppe Schillaci, Daniele Pilli, Angelo Libri, Roberto Salemi, Vincenzo Ferrera.
La trama
Il giovane e intransigente ispettore dei mulini Giovanni Bovara (Miche Riondino), nato a Vigata (paese immaginario ma ormai reale per milioni di spettatori) ma cresciuto a Genova, viene inviato nel territorio di Montelusa per investigare sull’applicazione della tassa sul macinato (l’odiata tassa sul pane) che fa dilagare la corruzione e strane morti tra i funzionari.
È proprio mentre indaga su loschi traffici tra mulini clandestini, gestiti dal boss locale, che le cose si complicano per il giovane Bovara che, testimone del delitto di un sacerdote non proprio ligio, si trasformerà in imputato. E sarà solo grazie alla “mossa del cavallo”, che in questo caso è il recupero del dialetto, il significato delle parole, si salverà da una trappola micidiale.
Andrea Camilleri racconta di fatto come nella La mossa del cavallo il dialetto abbia un ruolo fondamentale. “Parlare e capire la lingua vuol dire capire le radici comuni. Chiesi a un terzo giudice che lavorava con Falcone e Borsellino quale lingua usasse Falcone per interrogare i mafiosi. Mi dissero: il dialetto siciliano. Un giorno si trovò davanti un tale Giuseppe detto ‘o piddaro’, il pellaio. Cominciò l’interrogatorio parlandogli in dialetto stretto e quello lo interruppe: “No, signor giudice, qui si parla italiano”. Aveva scoperto il suo gioco”.
“Il mio personaggio – spiega Riondino – si trova chiuso in un angolo e capisce che l’unico modo per uscirne è quello di entrare in una zona ambigua. Lui non è abituato a un certo tipo di mentalità, chi lo interroga cerca di manovrarlo”. Riondino, pugliese, ha lavorato molto sul linguaggio: “Lavorare sui dialetti è un qualcosa di particolare. È anche un atteggiamento, un’attitudine. Ormai trovo il dialetto di Andrea confortevole, poi continuando a leggere il romanzo ha cominciato a parlarmi in genovese mi sono chiesto se fossi la persona giusta, come avrei potuto fare. È un romanzo estremo, come è estrema la scelta di adattarlo. Per studiare il genovese ho avuto un coach, Andrea Bruschi, e il padre 90enne che mi lasciava i memo su Whatsapp. E mi ha aiutato molto anche ascoltare il capo tifoseria della Sampdoria, per centrare il suono del genovese”.
Andrea Camilleri ammette comunque la sua preoccupazione nella trasposizione per la tv di questo suo romanzo storico, temendo che la fama del suo Commissario Montalbano possa diventare schiacciante per qualsiasi altro personaggio o storia che non sia a questo legato. Sicuramente non è semplice eguagliare tanto consenso, però Camilleri ci pare un uomo a cui le sfide non dispiacciono, anche se spetterà allo spettatore il verdetto finale.