“La regina degli scacchi”: genio e sregolatezza – Recensione

Giunta in Italia su Netflix con il nome “La regina degli scacchi”, “The Queen’s Gambit” (che significa testualmente gambetto di donna, giocata tipica degli scacchi) fin dal suo esordio ha raccolto numerosi consensi nel grande pubblico.

Questa miniserie televisiva americana, ideata da Scott Frank e Allan Scott, è basata sull’omonimo romanzo di Walter Tevis e racconta la vita di Beth Harmon (Anya Taylor-Joy), una bambina prodigio nel gioco degli scacchi, una donna tanto brillante quanto tormentata, genio e sregolatezza.

Con il suo stile unico, l’iconica frangia all’Amélie Poulain e il fardello di un passato difficile sulle spalle, Beth si impone e inizia con successo la sua scalata in un mondo inflazionato dagli uomini, non senza dover affrontare numerosi ostacoli, primo fra tutti sé stessa.
Le vicende prendono avvio negli anni ’60, quando, a seguito di un incidente stradale, Beth perde la mamma e finisce in un orfanotrofio. Qui la piccola cade in una precoce spirale di ossessione e dipendenza da ansiolitici che, nel corso degli anni, crescerà insieme a lei e si unirà a quella per l’alcool.

Unica ancora di salvezza in quel posto è per lei il signor Shaibel, il custode, che è anche un bravo giocatore di scacchi. È da lui che impara a giocare, dimostrando fin da subito il suo enorme talento per quel mondo che, a differenza di quello reale, riesce a controllare. Ormai adolescente viene adottata, ma la sua permanenza in quella famiglia non è serena.

Episodio dopo episodio vediamo Beth diventare una donna acuta, l’abile giocatrice di successo che ha sempre sognato di essere, capace di scalare le vette più alte. Ma da lei non uscirà mai quella bambina che tanto ha sofferto e troppo ha pagato senza colpa.

Vittima di sé stessa, della sua dipendenza, della sua ossessione per il gioco, Beth è una protagonista magnetica, complessa e imperfetta, ma proprio per questo estremamente affascinante.

Il successo nel gioco e l’insuccesso nella vita privata, il suo essere emotiva e al contempo spietatamente competitiva sono solo alcune delle contraddizioni che connotano questa figura e che la rendono intimamente reale, umana, capace di stupire e coinvolgere lo spettatore dall’inizio alla fine.

“Fu la scacchiera a colpirmi. Esiste tutto un mondo in quelle 64 case. Mi sento sicura lì, posso controllarlo, posso dominarlo ed è prevedibile. So che se mi faccio male è solo colpa mia.” (Beth Harmon)

Non devi avere paura del buio, anzi, oserei dire che non devi avere paura di nulla, una persona forte è una persona che non teme di stare da sola. Sono altre le persone di cui preoccuparti, quelle persone che ti dicono cosa fare e cosa provare, in un batter d’occhio hai sprecato la tua vita cercando qualcosa che altre persone ti hanno detto di cercare. Un giorno rimarrai tutta sola, quindi devi imparare a prenderti cura di te stessa. (Alice, madre di Beth)

Liliana Passiatore