L’oscuro mosaico: a Salento in Love quattro chiacchiere con Ornella Albanese

La serata di premiazione del Premio Salento in Love, che si è tenuta lo scorso venerdì 4 gennaio, nella suggestiva cornice del settecentesco Palazzo Turrisi a Lecce, è stata anche l’occasione per fare una piacevole chiacchierata con Ornella Albanese sul suo ultimo romanzo storico, L’oscuro mosaico.

L’oscuro mosaico, pubblicato da Leggereditore, è in libreria dal 31 ottobre. Ornella Albanese è una delle più amate autrici italiane di romance, ma prima con “L’anello di ferro” (Leggereditore, 2011) e poi con L’oscuro mosaico, la scrittrice abruzzese di origini salentine, si mette alla prova con il romanzo storico.

Potremmo dire che se “L’anello di ferro” è stato un esperimento ben riuscito, L’oscuro mosaico è la conferma dell’abilità di Ornella nel plasmare la storia riportando in vita dalle pagine dei suoi libri personaggi reali e intrecciando le loro vicende con storie di pura fantasia, senza perdere quella sensualità che caratterizza il genere romance.

Alcune domande nascono spontaneamente leggendo L’oscuro mosaico e abbiamo trovato le risposte in questo dialogo con Ornella Albanese.

– Da “L’anello di ferro” hai ripreso due personaggi Livio e Yusuf, tracciando per loro ne un nuova storia. Come mai la scelta proprio di questi personaggi per L’oscuro mosaico?

Ornella: «Leggendo i commenti di una discussione on line tra lettori, loro si auguravano che ci fosse un seguito. C’era chi sperava che ci fosse un seguito con protagonista Livio, che nel romanzo precedente era un personaggio secondario. Chi invece avrebbe voluto Yusuf Hanifa. Due personaggi che io ho amato molto ne “L’anello di ferro”, quindi diciamo che le aspettative dei lettori ricalcavano quelle che erano le mie intenzioni. Quando parlavo di Livio, questo bambino sfuggente, ombroso, privo di emozioni, io già pensavo che avrei potuto scavare nel personaggio e creare l’ uomo. In quanto a Yusuf Hanifa era il mio personaggio preferito, non solo delle lettrici, perché questo saraceno, medico-guerriero, molto temibile e dalla spada ricurva, con questo sguardo così acuto capace di cogliere sempre l’essenziale delle situazioni, un uomo molto saggio, una saggezza che si nutre sia di studio che di vita vissuta, era un uomo carico d’attrattiva da un punto di vista letterario. Perciò in questo romanzo ho voluto dargli un ruolo molto decisivo».

– “L’anello di ferro” era ambientato a Tarsia, in Calabria, e Livido è nato e ha vissuto la sua infanzia in quella terra, quindi perché la scelta di spostare l’azione de L’oscuro mosaico in Terra d’Otranto?

Ornella: «Quando ho incominciato a scrivere questo romanzo – io non lavoro su schemi o scalette – ma avevo una sola idea precisa, e anche molto forte: volevo ambientarlo in Terra d’Otranto. Volevo però anche che il mosaico pavimentale della cattedrale di Otranto avesse un ruolo di rilievo. Il collegamento l’ho colto per caso. Ero a Gallipoli, con mio marito, era una giornata limpidissima e lui mi diceva: “Sai quella terra che si vede lontana, sul pelo dell’acqua? Quella è la Calabria”, quindi da lì l’idea di questa terra da cui il protagonista fugge, che vuole lasciarsi alle spalle, che vuole dimenticare, ma questa terra che rimane invece visibile, presente nella sua nuova vita, quasi un monito, simbolo che il passato non si riesci mai a lasciarlo veramente dietro. E mi sono convinta, e siamo arrivati in Terra d’Otranto.
Terra d’Otranto perché? Io sono stata qui fino alla laurea e anche quando sono lontana ho sempre la voglia, il desiderio di tornarci, non solo fisicamente – ho una casa a Lecce in cui torno molto spesso – ma ripercorrerla con la memoria, quindi la cosa che mi è piaciuta maggiormente scrivendo questo romanzo è stato vedere luoghi che conosco e amo moltissimo attraverso gli occhi dei miei personaggi e vedere come erano oltre mille anni fa. Lecce, Castro (Castrum Minervae), Gallipoli, Otranto. Vederli con gli occhi dei personaggi e scoprire per esempio che ci sono dei posti lungo la scogliere dove la vegetazione sembra senza tempo, antichissima… E poi ancora le grotte dei monaci basiliani a Roca, risalgono al VIII secolo, come potevano essere secoli dopo? Da chi potevano essere abitate? È un’immagine stupenda, questa baia con l’alveare di grotte: non potevo non inserirlo nel romanzo. Oppure la cattedrale di Otranto, immaginarla come era alle origini, senza il rosone e il portale così come sono oggi, ma ancora più scarno e con le volte a capriate in legno. È stato per me un lavoro bellissimo e mi ha veramente emozionata»

– In tutti i tuoi libri storici, a partire dai romance, mescoli con naturalezza realtà e finzione, così ci si trova a leggere di personaggi di pura fantasia che si muovono accanto a personaggi realmente esisti. Questo accade anche ne L’oscuro mosaico, dove al fianco dei personaggi inventati incontriamo molti personaggi storici. Ce ne parli?

Ornella: «Oltre ai luoghi ho voluto far rivivere anche i personaggi, personaggi che avevo conosciuto sui libri di storia, ma non solo… per esempio la targa di una via o un busto nella villa comunale, mi riferisco a piazzetta Accardo e al busto di Tancredi d’Altavilla che mi ha colpita fin da bambina. Ho dato così vita a due donne Accardo, la badessa Emma e la domina Mabilia alla cui generosità si deve la fondazione del monastero di San Giovanni Evangelista, che esiste tuttora a Lecce, però anche appunto il personaggio di Tancredi d’Altavilla, che non appare fisicamente ma è molto presente. E poi c’è Guglielmo il Malo che ho descritto nella sua reggia di Palermo arabeggiante, circondato di eunuchi e concubine, un personaggio molto complesso perché diviso tra gli ozi, la mollezza della reggia da cui è attratto ma anche le sua consapevolezza di sovrano. Un altro personaggio è il suo consigliere Maione di Bari, la cui doppiezza penso che ormai sia accreditata. Un’altra figura è quella di Silvestro II, un papa molto controverso, si dice che sia stato attratto dai poteri occulti, ed è lui che ha un po’ ispirato il mio alchimista che vive nella sua torre poco distante dal mare a Castrum Minervae»

– A proposito di Emma, la badessa del convento di San Giovanni Evangelista, dalle tue stesse note del romanzo, emerge che la storia di questa donna sia piuttosto controversa. Da dove nasce la tua intuizione sul suo reale legame con Tancredi e cosa ti ha supportato nel sostenere la tua tesi?

Ornella: «Questa in effetti è una cosa di cui sono molto orgogliosa perché è stata una mia intuizione. Io ho studiato molto sul personaggio di Tancredi d’Altavilla e sui membri della famiglia Accardo, e confrontando delle date e le parentele mi è sorto un dubbio. Dunque Tancredi è il nipote bastardo del re, è il figlio del primogenito di re Ruggero, quindi il padre di Tancredi sarebbe stato re se non fosse morto giovane e così Tancredi d’Altavilla allora rivendica il trono con diverse sommosse, ma il discorso che interessava a me era appunto il suo rapporto con la badessa Emma, che negli antichissimi documenti lui chiama “matercola”, cioè zia. Questo cosa però non convinceva fino in fondo, il rapporto tra i due molto forte e la prima attestazione di Emma come badessa avviene subito dopo la morte del padre di Tancredi, come se avesse preso l’abito subito dopo la morte del suo uomo. Era un’intuizione che continuava a frullarmi nella testa finché sono andata a fare una chiacchierata con l’attuale badessa del monastero, suor Benedetta, che con semplicità mi ha confermato che “per ovvie ragioni non se ne parla, ma la badessa Emma era la madre di Tancredi d’Altavilla”. Mi sembrava un’idea molto intrigante quindi l’avrei comunque usata nel romanzo, ma a maggior ragione con questo avallo di suor Benedetta»

– E volgiamo verso la conclusione, finendo forse con ciò da cui in genere si parte, il titolo! L’oscuro mosaico… La soluzione del mistero degli efferati delitti di cui racconti si nasconde nelle immagini dello straordinario mosaico pavimentale della cattedrale di Otranto. Perché il mosaico di Otranto?

Ornella: «Mi preparavo a scrivere di un mistero e quando penso a un mistero in Terra d’Otranto mi viene in mente subito il mosaico di Otranto. Il primo impatto con il mosaico è emotivo. Volevo che quando Yusuf Hanifa entrava nella cattedrale, trovandosi davanti al mosaico, provasse la stessa sensazione di stupore che avevo provato anch’io quando l’avevo visto la prima volta. Il secondo approccio invece è stato molto razionale, ho guardato e studiato tutte le immagini, per trovare l’interpretazione che poteva essere più adatta per il mio romanzo. Il mistero qui non sta nel mosaico, ma ci si serve di esso per risolvere il mistero. Poi parlando del mosaico ho voluto presentare la figura bellissima del monaco Pantaleone. Sono partita da un’immagine dello stesso mosaico dove c’è un piccolo monaco che si ipotizza sia una specie di autoritratto. Sono partita quindi da lì, creandolo fisicamente, dandogli il temperamento che io gli immaginavo. Innanzitutto gli ho attribuito quella qualità di rigore e di ironia che io considero necessarie nei grandi uomini, poi lo sguardo febbrile, un po’ sovreccitato di un uomo che ha creato un’opera così immane, un albero della vita fiorito di tutte le rappresentazioni del bene e del male, sono delle immagini veramente forti».

Come forti e ricche di pathos sono le immagine del book trailer di Silvia Basile che sintetizza in poco più di un minuto l’intensità delle oltre 400 pagine de L’oscuro mosaico di Ornella Albanese. Una lettura da non perdere!

Sara Foti Sciavaliere