“L’ultimo rintocco” di Diego Pitea – Recensione

Uscito a maggio ed edito dalla goWare di Firenze, “L’ultimo rintocco” è il terzo romanzo dello scrittore calabrese Diego Pitea, un giallo dalle intense tinte noir e ad alta tensione, che proietta il lettore nella tela tessuta da un serial killer e nella macabra caccia a cui costringe il criminologo Richard Dale.

La trama
“L’essenza del male ha preso forma umana”. È questo che pensa Richard Dale, psicologo e criminologo, entrando nella camera da letto di un appartamento alla periferia di Roma. A terra giace una donna incinta con un taglio sopra il pube. Del feto nessuna traccia e sulla parete una scritta enigmatica: “Rosso”.

A interpellarlo è Marani, il capo dell’Unità Analisi Crimini Violenti, per indagare sull’“Escissore”, un serial killer edonista, crudele e geniale, con il vezzo di lasciare sulla scena del crimine degli indizi che, opportunamente decifrati, permettono di risalire all’identità della prossima vittima. Coadiuvato dalla profiler Doriana Guerrera, Dale analizzerà, come in una macabra caccia al tesoro, le tracce lasciate dall’assassino, ma quando tutto sembra aver fine avrà inizio il vero incubo, che lo porterà a scontrarsi con le sue paure più profonde e con un nuovo rompicapo all’apparenza insolubile… fino allo scoccare dell’ultimo rintocco.

L’autore – Diego Pitea
Ha 45 anni e vive a Reggio Calabria, nella punta dello Stivale. Ha iniziato a scrivere a causa di un giuramento, dopo un evento doloroso: la malattia di sua madre. Il tentativo è andato bene perché il suo primo romanzo “Rebus per un delitto” è risultato finalista al premio “Tedeschi” della Mondadori, affermazione ribadita due anni dopo con il secondo romanzo, “Qualcuno mi uccida”. È sposato con Monica – quella del libro – e ha tre figli meravigliosi: Nano, Mollusco e Belva.

Recensione
Come scrivo nel lead dell’articolo, “L’ultimo rintocco” di Diego è un giallo dalle intense tinte noir, un buon romanzo del genere marchiato Made in Italy, anche se per certi versi il protagonista, Richard Dale (nome a parte) mi ricorda alcuni personaggi delle serie crime americane, come “The Mentalist”, tuttavia questa annotazione non vuole essere una nota di demerito, anche perché si tratta di una prima impressione, il romanzo poi prende una vita sua, si viene assorbito totalmente nella mente e la vita di Dale, le sue convinzioni, la sua intelligenza brillante, le sue fissazioni da sindrome di Asperger, la sua vita privata che suo malgrado finisce per intrecciarsi con il lavoro di consulente dell’Unità Crimini Violenti della Polizia di Roma.

“L’ultimo rintocco” è ben scritto, accurato, con uno stile evocativo che permette di visualizzare in modo realistico quanto si legge. Diego Pitea fa uso di una precisa e dettagliata terminologia tecnica nell’ambito medico legale, criminologico e investigativo, che dimostra un improvvisato approcciato alla materia e al genere letterario affrontato. I dialoghi sono calibrati, senza fronzoli né inutile retorica, dando slancio alla dinamicità della narrazione. L’autore non trascura neanche l’approfondimento psicologico dei personaggi, resi in maniera assai verosimile, nelle loro luci e ombre. Molto interessante è pure la struttura dell’intreccio che sposta spesso il punto di vista nella narrazione (in terza persona), alternandosi tra i vari personaggi “in gioco”, perfino seguendo quella del serial killer, delle sue vittime, e non si sofferma pertanto solo sui protagonisti, permettendo al lettore di ottenere maggiori elementi per seguire le indagini al pari di Dale e l’ispettrice Doriana Guerrera e al contempo perdersi nell’intrigo della trama che pare infittirsi piuttosto che dipanarsi, tenendo alta la tensione e l’attenzione pagina dopo pagina, con l’incalzare del tempo non solo narrativo e del countdown a cui gli investigatori sono sottoposti per raggiungere la soluzione, portando l’apice della suspence fino all’ultimo rintocco.

Sara Foti Sciavaliere