Mare Fuori 3: permetti all’amore di salvarti – Recensione

È recentemente tornata su Rai 2 con il suo terzo atto “Mare fuori”, la serie tv prodotta da Picomedia e Rai Fiction ambientata nell’Istituto Penale per i Minorenni di Napoli.

Grazie alla successiva distribuzione di Netflix la storia dei ragazzi del carcere minorile della città partenopea si è diffusa velocemente su vasta scala colpendo il cuore non solo dei giovanissimi, ma anche di chi giovane non lo è più.

In uno scenario improntato e dedito alla violenza, all’illegalità e all’inconsapevolezza di bambini diventati adulti troppo presto e nel modo peggiore, la vera protagonista è però sempre la speranza di una vita nuova, di un riscatto.

I giovani detenuti portano sulle spalle il peso di abusi, ferocia e scelte dettate da ambienti familiari criminali o da influenze esterne negative. Alcuni di loro continuano a percorrere quei cammini sbagliati, altri, invece, nell’ostinata ricerca della libertà, afferrano subito la mano di chi può sentire il loro dolore, i loro silenzi che urlano aiuto e la loro voglia di fuggire da quel mondo marcio, che è a tutti gli effetti una vera e proprio condanna a morte.

Sulle note di una centratissima e ormai virale colonna sonora, continua a essere proposta la metafora della libertà esterna rappresentata dalle acque del mare di Napoli che, al di là delle sbarre, fanno da delicato sottofondo ai racconti dei protagonisti, cullandoli come una madre rassicurante.

In questa terza stagione emerge, però, prepotente e inaspettato, il paradosso che vede il carcere come luogo in quel momento più sicuro per i giovani detenuti, perché, per poter ricominciare e ricostruire in modo sano una vita fuori, il mare bisogna riuscire ad averlo dentro di sé. E tutto ciò è possibile solo grazie ad un intenso e mirato percorso di recupero.

Molti volti nuovi fanno ingresso in questa nuova stagione, provocando degli scompensi nella trama dovuti al contrasto tra estrema velocizzazione di alcune storyline e mancato o estremamente lento approfondimento e sviluppo di determinati personaggi che, però, si spera, verranno meglio indagati e caratterizzati nei capitoli successivi.

Nonostante questi piccoli e trascurabili difetti, “Mare Fuori” continua a essere un prodotto di alta qualità, che vale sicuramente la pena guardare perché, oltre ad appassionare, trasmette messaggi molto importanti e mai banali. È l’amore che salva; e tutti hanno diritto ad avere la possibilità di ricominciare.

Se, come me, non riuscite ad aspettare la trasmissione delle puntate ogni mercoledì sera su Rai 2, potete guardare la serie su RaiPlay, dove è già interamente disponibile e dove, nella sola giornata del 13 febbraio, con il rilascio degli episodi finali, ha meritatamente collezionato ben 12 milioni di streaming.

“Nun te preoccupà, guaglione, ce sta o mare fore”.

Liliana Passiatore