Rebirth, l’EP dell’esordiente Dheiti

Dopo un’anteprima su RockON, è uscito il 21 marzo 2019, Rebirth, EP d’esordio di Dheiti, pseudonimo dietro cui si cela la cantante, pianista e autrice Gemma Conforti.

«La scelta di far uscire l’EP il 21 marzo non è ovviamente casuale. La data d’inizio della primavera, mi sembrava perfetta per un lancio, poiché evoca molti elementi e significati presenti nel disco, non per nulla intitolato Rebirth. Si tratta senza dubbio di una rinascita musicale, perché questo è il mio primo lavoro da solista, ma soprattutto di una rinascita personale, che coinvolge tutti gli aspetti della mia vita: mi sento infatti in un momento chiave, in un periodo di profondo rinnovamento. Rebirth è sì un disco che parla di primavera, però scritto in pieno inverno. È come se ne parlasse dal punto di vista dell’inverno. Ha quel non so che di chiaroscuro, di contrasto che m’attrae molto. Non è la celebrazione di una primavera vissuta ma l’evocazione di una primavera attesa, sperata, gustata a un livello immaginativo».

Composto da quattro tracce (Loser, Feel, A Long Walk e Bud in Bloom), tutte le tracce sono state scritte dalla cantante ad eccezione di A Long Walkcover di Jill Scott riletta in chiave funk rock. Rebirthè stato arrangiato da Sergio Bertolino e Domenico Anastasio, registrato al BamFactory Studio di Sapri (SA), mixato da Sergio Bertolino e Giovanni Caruso e masterizzato da Salvatore Addeo agli AemmeRecordingStudios di Lecco (LC). L’artwork è di GioStone.

L’EP si contraddistingue per una certa ecletticità stilistica attraverso cui l’artista intende presentare le diverse sfumature del suo universo musicale sintetizzandole ed inglobandole in una proposta coerente che funzioni quasi da biglietto da visita. «Canto da quando ho memoria. La musica è sempre stata al centro del mio mondo, grazie anche all’influenza e al sostegno della mia famiglia: una famiglia di buongustai musicali (non a caso mio fratello è diventato un ottimo flautista). Ho studiato pianoforte, canto lirico e jazz e frequentato una quantità esagerata di generi musicali, militando in band rock, pop, progressive, blues e funky. Credo però che la mia anima sia soprattutto legata al soul e alla musica nera: il blues e il jazz sono i linguaggi in cui mi sento più a mio agio e, per fortuna, penso di possedere una timbrica che vi si adatta bene».

L’ascolto di Rebirth garantisce, dunque, un breve quanto intenso viaggio sotto il segno dell’imprevedibilità, la quale, tuttavia, non fa trasparire alcuna confusione identitaria bensì riesce nell’impresa di comunicare una personalità musicale colorata e complessa, vero obiettivo dichiarato dall’artista. «Perché un EP? Ci sono diverse ragioni: quella più pratica è che non vivevo un momento così sereno da potermi gettare a capofitto in un percorso lungo ed estenuante come la produzione di un album; il motivo principale è però un altro: volevo che il mio primo lavoro da solista fosse una sorta di biglietto da visita. Ritengo di aver proposto quattro brani in grado di sintetizzare vari lati del mio carattere artistico: da quello più delicato e intimista a quello più potente e carico di pathos. Insomma, dalla dolcezza alla grinta, dall’introversione all’estroversione… E poi, diciamoci la verità, per giudicare un artista, per capire se rientra o no nei nostri gusti, generalmente non ascoltiamo più di tre-quattro brani, spesso anche di meno. In un certo senso ho voluto facilitare il processo all’ascoltatore, presentandogli una mia personale selezione».