Veneri Anadyomenes: intervista al fondatore del gruppo salentino

Vi riporto di seguito l’intervista rilasciata da Pierluigi Greco, batterista, nonché manager e fondatore dei Veneri Anadyomenes, un gruppo salentino di cui, a mio avviso, sentiremo parlare.

Come e quando nasce il progetto Veneri Anadyomenes?
Nasce in seguito al progetto dei Brain heart infusion, un gruppo progressive rock nel quale ho cercato di far confluire tutti gli artisti di mia conoscenza e che ritenevo adatti al progetto. Dall’abbandono di un membro del gruppo sono nati successivamente i Veneri Anadyiomenes; più che un gruppo lo definirei un collettivo, perché a questo progetto ci ha lavorato davvero tantissima gente. Di base rimanemmo io alla batteria, Michele alla chitarra, Paolo al basso e Federico Guido alle tastiere ed entrò Oscar come cantante fino al 2015. Dietro al progetto Veneri Anadyomes comunque ci sono di base i discorsi filosofici di 10 anni dove ognuno ci ha messo del suo dal pensiero alla manovalanza, volevamo creare un gruppo progressive che avesse delle vere e proprie basi artistiche, culturali e poetiche.

Cosa vi aspettate da questo disco?
Fondamentalmente niente (ridendo n.d.r.). Vogliamo semplicemente che la gente lo ascolti e pensi che è esistita questa realtà fino alla pubblicazione del disco il 5 Novembre. È la nostra storia: mia, di Giacomo (mio fratello), di Michele, di Paolo, di Federico e di Oscar. Volevo fortemente che uscisse un disco che funzionasse e che mi piacesse. Voglio che la gente lo ascolti e lo apprezzi per com’è, e che si emozioni. Lo vedo come un libro raccontato da delle note, infatti, il disco ha un suo concept fondamentalmente diviso in tre parti. La prima parte, ovvero i primi quattro brani sono ispirati ai quattro elementi alchemici ovvero fuoco, terra, acqua, aria. Nella seconda fase invece coesistono le varie fasi di un temporale. L’ultima traccia invece “Space” racchiude quello che siamo.

A cosa puntate come gruppo?
A niente (ridendo n.d.r.), come ho detto è un progetto musicale artistico e poetico e tale deve rimanere. È chiaro che mi piacerebbe suonarlo in giro, ma, per ora basta che la gente ascolti e comprenda questo disco.

Da dove deriva il vostro sound?
Tutto deriva dal progressive, che sin dal principio è stato visto come un genere musicale non limitante. Proprio per questo si avvicinava moltissimo al concetto di arte che noi avevamo. Io credo che le persone siano molto più complesse di quanto appaiano, quindi, il progressive dando questo senso di complessità, quando si parla di storie, si avvicinava a ciò che noi avevamo in mente e di come noi volevamo raccontare le nostre vite e la nostra musica. Le nostre influenze sono state di base i Pink Floyd, per poi passare ai Dream Theater, i Mars Volta, Tool, Pfm, Area, e non solo, perché ogni artista che si è avvicendato al gruppo ha lasciato le sue influenze musicali preferite siano esse Rock, elettronica, Dubstep,Jazz, acusmatica, psichedelia o “roba strana”. Il progressive si può considerare un accordo comune tra tutti.

Come è nato questo disco?
Questo disco è nato principalmente come un’idea che volevamo portare a termine a tutti i costi, ovviamente dentro si nasconde anche odio e rabbia. Dietro questo disco ci sono così tante storie incredibili; partiamo dal fatto che questo disco è dedicato al padre di Federico che purtroppo non c’è più, tutto questo poco prima che lui entrasse nel gruppo. La prima canzone in assoluto del disco “White sky” nasce da un mio momento di rabbia a 14 anni, ( sarà presente anche nel mio libro che uscirà a breve). Il nome del gruppo e il titolo del disco, invece, provengono da una poesia di Alessio Errico, le grafiche invece sono di Roberta Azzolini.

Qual è il brano del disco che sentite più vostro?
Per me, come credo per tutti, è “White Sky” perché senza ombra di dubbio è la canzone che ci rappresenta di più. Pensa che ogni canzone presente nel disco ha una decina di versioni perché sono state più volte riarrangiate e modificate. Tutto questo registrato nella mia cantina, in maniera completamente artigianale indipendente da qualsiasi pressione discografica e commerciale, anzi, un plauso a mio fratello Giacomo che in questi anni ha speso tempo e pazienza per registrare e ri-registrare più volte il disco dandoci anche consigli per rendere il sound quello che è.

Commenti
Avendo ascoltato più e più volte il disco posso dire senza alcun dubbio che è un prodotto davvero di altissima qualità, non solo i brani sono uno più bello dell’ altro; le grafiche del Cd sono spettacolari. Sono queste le perle che io ricerco nel mondo musicale, perché è fatto tutto con passione e sacrificio e la qualità a livello di suoni, pur se artigianale è di altissima fascia.

Civins