“We are who we are”: il piccolo capolavoro di Luca Guadagnino – Recensione

“Come ti devo chiamare?”. È con questa domanda sospesa che si chiude la prima puntata di “We are who we are”, come un filo rosso che riporta lo spettatore a “Chiamami col tuo nome”, il film che, dopo soli quattro anni, è diventato un classico contemporaneo ed ha consacrato Luca Guadagnino come il regista italiano più rivoluzionario, moderno e imprevedibile dei nostri giorni.

Guadagnino debutta ora sul piccolo schermo con “We are who we are”, serie televisiva scritta a sei mani con Paolo Giordano e Francesca Manieri per HBO e Sky Atlantic.

Ancora una volta due adolescenti americani nella bella Italia, Fraser (Jack Dylan Grazer) e Caitlin (Jordan Kristine Seamòn), che ci accompagnano nel loro viaggio delicato e affascinante alla scoperta di quello che sono. Un percorso scandito in otto episodi, così profondi e visionari che si ha l’impressione di leggere un libro in cui ogni capitolo si chiama “Qui e ora”.

Le immagini, le azioni, le musiche, le parole, tutto prende forma nella mente di chi osserva e come le Madeleine di Proust riporta a ricordi e atmosfere lontane, che si credevano perse, ma che, in qualche angolo sperduto d’Italia, vivono ancora ovattate e mistiche la loro magia. È il contrasto tra moderno e andato, tra gabbie e libertà, a plasmare questa serie destinata a diventare nel breve periodo un cult della cultura pop contemporanea.

I due protagonisti vivono il loro struggimento in un mondo surrogato, una base militare americana a Chioggia, che altro non è che un’America in miniatura. In questo universo sintetico urlano, però, forti i loro sentimenti, autentici e vivi come non mai. E noi li sentiamo nitidamente e li ascoltiamo con attenzione.

Da questa Generazione Z abbiamo davvero tanto da imparare. Tutto è messo in discussione. Ogni retaggio viene abbattuto.

“We are who we are” è un inno alla libertà di essere quello che si è senza chiedere scusa a nessuno, di riappropriarsi del proprio corpo, di scoprire la propria sessualità, di amare chi si vuole, ma è anche riscrittura dei concetti di famiglia, patria, nazione, politica, religione, morte.

È sulle note dei Rolling Stones, dei CCCP e di Calcutta che si delinea questo piccolo grande capolavoro, affermandosi come rivoluzionario manifesto transgender e delle libertà in generale e mettendoci faccia a faccia con la poesia e la bellezza della diversità.

Serie rivelazione dell’anno, indubbiamente.

Frazer: Pensano che siamo strani.
Caitlin: Ti dà fastidio?

Liliana Passiatore